The Coldest Place Is Within Myself è il primo full length degli Woes, gruppo danese che miscela black metal ad elementi crust e hardcore. L’album è uscito per la Godbox Records, label attiva da poco più di un anno, da quanto dedotto. Risulta, infatti, quasi impossibile reperire maggiori informazioni, specie per quanto riguarda la band, che a parte una pagina Facebook poco aggiornata, il profilo di Bandcamp e Spotify non ha nulla. Il mistero che li avvolge, tuttavia, contribuisce a renderli più interessanti.
Sono i paesaggi scandinavi ad influenzare gli Woes, che con l’opening track dell’album, “Where Roses Don’t Grow”, propongono una intro à la Ulver (in particolare con un sentito rimando a Kveldssanger), aiutandosi con un meraviglioso ed emozionante riff acustico, che cede il passo poi alla brutalità tipica del crust. Distorsioni, ritmi sostenuti, la disperazione dei vocals, l’alternanza tra momenti acustici ed altri blackened hardcore sono elementi che caratterizzano l’album.
Non manca l’uso dei synth per rinforzare il clima di disperazione creato dal gruppo, con fruscii e suoni nel vuoto, nonché i tipici fischi come nel caso dell’inizio e della fine di “Weighed Down”. Vi sono poi anche momenti quasi post-black che ricordano i Deafheaven per intensità, come nella traccia conclusiva, “Neverending Nights”, oppure “Aurora”, che ripropone una struttura simile a quella della prima traccia, meno il growl.
The Coldest Place is Within Myself risulta essere un album alquanto compatto nonostante la spaziatura tra una molteplicità di generi e sonorità. Questa compattezza è favorita dall’utilizzo del pianoforte e da incursioni esterne agli strumenti musicali, come ad esempio quelle che sembrano folate di vento. Le lyrics, invece, hanno come temi principali la depressione, l’amore e la mancanza di fiducia in sé, tipici del genere hardcore ed in linea con l’atmosfera che il gruppo rappresenta mediante la parte strumentale.
È un vero peccato che gli Woes siano praticamente sconosciuti, perché hanno un grande potenziale espressivo. L’unica critica che si può muovere loro è in merito al fatto che non abbiano osato di più. Sebbene gli elementi messi in gioco siano tanti e nonostante la buona resa – per essere una band giovane – nell’accordare questi fra di loro, essi avrebbero potuto creare un’opera più densa e corposa. Risulta, infatti, essere un album quasi troppo scorrevole, mentre ciò che spesso si ricerca nella musica è l’incisività.
(Godbox Records, 2018)
1. Where The Roses Don’t Grow
2. The Cold Wind Whispers Your Name
3. Weighed Down
4. Aurora
5. At The Bottom Of The Ocean Lies A Heart Of Stone
6. The Hostility Within
7. Neverending Nights