Chi avrebbe mai potuto dire che una band di Pittsburgh, che porta un nome ispirato al cinema italiano, potesse donare a noi mortali un lavoro immortale come Liquid Crystal? In realtà lo fanno da quasi vent’anni, vent’anni di bellezza e ispirazione infinita, vent’anni di sperimentazione e manifestazione di un talento raro, messo in pratica per partorire opere di spessore come ciò di cui scrivo ora e lo so bene, in fondo troverete un voto molto alto, forse esagerato. Io non lo so, sarà la mia passione per certe sonorità, sarà la cover art che ha rapito la mia immaginazione e la mia fantasia, sarà che sono un amante di tutto ciò che è ispirato alle fatiche del mitico Claudio Simonetti, ma leggetemi e poi andate ad ascoltarlo, a sentirlo, a vederlo, con occhi chiusi e mente aperta.
Liquid Crystal è un disco che si erge in tutta la sua variegata monocromia, nel senso che se si è fortemente sensibili alla sinestesia, ci si può render conto dopo un paio di ascolti che nonostante il sound sia brillantemente ceruleo come un terso cielo di giugno, i colori e le sfumature riconducibili al più nero abisso marino, alla più grigia giornata di ottobre, al tramonto più rosso che si sia mai visto non solo presenziano, ma contribuiscono in maniera importante alla genesi di un colore che non viene dallo spazio per colonizzare aspre lande, ma da un altro luogo, uno che sta tra il cielo e il mare. Questo colore si rivela usando la musica degli Zombi come mezzo per colmare un vuoto lasciato dai giganti del prog rock. Atmosfere pregne di mistero e di fumi densi, carichi di azoto e diossido di carbonio permeano gli strati quasi solidi della musica di questo breve disco. Naturalmente il prog non è l’unico elemento che compone questa mistura così fosca, invero space rock, sludge, post-rock e ambient si palesano gradualmente e a turni per manifestare brani di grande intensità atmosferica. Inutile dire quanto certe inossidabili realtà di nobile stirpe influenzino questo disco, basti sentire la title track per avere visioni dei grandi Pink Floyd o il brano “Chant” che si porta dietro una grossa dose di sound caro a Il Balletto Di Bronzo, ma sono pochi esempi che non rappresentano la totalità di un’opera che racchiude in sé della musica che ha il sapore di Isis, Don Caballero, Goblin, Hawkwind e These Arms Are Snakes. Non si tratta di particolari composizioni, che sono certamente complesse, ma nulla di incredibilmente articolato. Quello che stupisce in Liquid Crystal è lo spirito che lo contraddistingue, l’immane carattere aereo che diventa cosmico e poi medianico che si fa divino quasi fosse una fusione perfetta, un’intesa senza contrasto tra i climi afosi dei Tool, i cosmicismi futuristi degli AtomA, gli enigmi urbani di John Carpenter e ovviamente il Vangelis delle città inquinate e promiscue di un futuro prossimo venturo. Probabilmente chi mi legge sta pensando che tutto questo non ha senso, io stesso che scrivo in più di un’occasione ne ho dubitato fortemente, ma ora sono convinto di ogni carattere, ogni virgola, ogni spazio e punto che ho tracciato, Liquid Crystal è un effettivo piccolo gioiello che brilla di luce propria grazie a una combinazione vincente di scrittura semplice, ma savia, esecuzione impeccabile e un dinamismo invidiabile che culmina in particolar modo con il brano “Black Forest”.
In sostanza, un disco estremamente interessante ed affascinante sotto molti aspetti, con un potere evocativo impressionante, capace di ipnotizzare e prendere per mano chi l’ascolta, trascinarlo con sensualità attraverso portali ultradimensionali che conducono altrove, non si sa dove di preciso, ma è e deve essere un luogo di una bellezza disarmante, per forza.
(Relapse Records, 2021)
1. Mangler
2. Chant
3. Liquid Crystal
4. Turning Points
5. Black Forest