Terzo album in tre anni per il trio polacco, dopo Zos del 2020 e Here Death Lies Dead del 2021. È da pochissimo infatti disponibile, nella doppia veste 12″ e CD, The Whole Of The Body I Call ZOS, il primo album con la nostrana I, Voidhanger Records, realtà da sempre attenta a tutto ciò che rientra in quel limbo infernale in cui si perdono i riferimenti e definire un album diventa un’impresa apocalittica. Come la gran parte dei loro album che ho avuto modo di ascoltare e raccontare qui su GOTR, anche The Whole Of The Body I Call ZOS riesce a soddisfare in pieno la mia necessità di andare in controtendenza con il suo squisito gusto e la sua vena decisamente spiazzante. Siamo alle prese con un disco che è tutto tranne che di facile lettura e assimilazione, soprattutto se posto sullo stesso piano dei tanti altri usciti pressoché in contemporanea. Ma proprio per questo, ancor più intrigante e affascinante, grazie anche al suo carico evocativo, alla suggestione dei suoi paesaggi sonori, alla sua capacità di trascinarci in una oscura cacofonia ultraterrena. Possiamo quindi senza dubbio individuarlo, in virtù della sua suggestiva carica ritualistica che guarda alla psichedelica più occulta, come il più maturo tra i tre lavori del gruppo.
Siamo alle prese con un disco che parla direttamente ai meandri più profondi del nostro subconscio. E lo fa prendendo spunto dalle immagini e dalle parole di Austin Osman Spare, occultista britannico del primo Novecento, forte iconoclasta assertore della magia del caos, definito non a caso, il fratello nero di Aleister Crowley. È lo stesso Spare, nel suo libro maledetto del 1927 Anatema di Zos con cui attacca ogni forma di moralismo, a raccontare di una “discesa all’inferno, dove si agitano le potenze distruttive e incontrollate del Caos, e solo il più temerario dei maghi può osare di affrontare le forze oscure che vengono evocate nella mente conscia durante queste pratiche stregoniche.” Basta molto poco per entrare in sintonia con The Whole Of The Body I Call ZOS, giusto il tempo per capire che il percorso verso quei lidi che solo gli eletti possono raggiungere, è appena iniziato. E nulla importa se si tratta di un luogo molto poco accessibile. Non c’è nulla di facile e di scontato in un disco di questa portata.
Quello in cui eccelle un album come The Whole of the Body I Call ZOS è proprio l’idea di estremizzare all’eccesso ogni aspetto di un genere che tende troppo spesso a chiudersi in se stesso, riproponendo schemi in modo tanto puntuale quanto alla fine statico e inoffensivo. Ci vuole coraggio per ridisegnare il male. Coraggio e incoscienza. Ma anche tanto talento. Soprattutto nel momento in cui si rivitalizza il passato contestualizzandolo e omaggiandolo. In tutto questo ZOS è pura avanguardia sonora. Intendendo con il termine quel qualcosa che pur prendendo spunto dalla tradizione e dal gusto corrente, ne formula una nuova accezione, innovativa. Non quindi, la distruzione di quello che c’è stato, ma la capacità di esaltarne le qualità rinnovando e creando un qualcosa di affascinante. Guardare allo stesso tramonto ma con occhi diversi, cogliendo quelle sfumature che l’occhio distratto e impigrito non vede e non vedrà mai.
(I, Voidhanger Records 2022)
1. The Whole Of The Body I Call ZOS
2. Volition
3. Black Albatross
4. On The Announcer Of Great Events
5. Oh, Mighty Rehctaw!