Il Pesce di Babele è, nella fantasia di Douglas Adams, un piccolo animale che se inserito nel condotto uditivo permette alla persona coinvolta di comprendere qualsiasi lingua. Questo traduttore simultaneo, apparentemente innocuo e anzi straordinariamente utile, è in realtà descritto, con l’ironia che contraddistingue l’autore inglese, come la cosa che ha provocato più guerre nella storia dell’universo. Ora, non sappiamo quante lingue conoscano i Babel Fish e confidiamo nel loro pacifismo, ma se c’è qualcosa che lega la band modenese all’autore di Guida galattica per autostoppisti è sicuramente una raffinatezza equilibrata, semplice, che arriva al punto in fretta, ma sa colpire e affondare. Dopo un primo EP omonimo datato 2017, il combo ne pubblica un secondo a distanza di un anno, affinando, senza sconvolgerla, la materia trattata: post-rock dalle forti connotazioni alternative di matrice 90’s, guidato da un valido uso della voce.
Follow Me When I Leave consta di quattro tracce in bilico, ancora una volta, tra i generi sopra citati, in cui a fare da collante vi è un’attitudine melodica moderata, mai melodrammatica. Così “Morning Birds” apre in punta di piedi, con una parte vocale toccante e una chiusura splettrata enfatica, per un risultato a metà fra Slint ed Explosions In The Sky. La successiva “TGD” ne ricalca lo schema compositivo, amplificandone la componente emozionale: l’apertura, guidata da un basso ciclico e rotondo, è affidata ad un cantato ancora una volta azzeccato, melodico, persino orecchiabile, con una vena oscura che può ricordare i Klimt 1918, mentre il finale palesa una chiara influenza del post-rock più moderno. Allo stesso genere si rifà apertamente la strumentale “Veins”, che apre alla conclusiva title-track in cui i toni, più soffusi e malinconici, si avvicinano a certo rock alternativo. La bravura dei Babel Fish sta, però, nel riuscire a dosare questo elemento, evitando di suonare come cloni dei Radiohead, complice il fatto di saper ritagliare per la voce gli spazi necessari, conferendole sì il ruolo di guida ed elemento riconoscibile, ma senza che essa abbia la meglio sulle altre componenti del disegno sonoro.
A conti fatti non possiamo fare a meno di notare che, nonostante la durata contenuta (o forse proprio per questo?), Follow Me When I Leave sia un EP penetrante, in grado di far presa sull’ascoltatore in breve tempo, senza risultare né ammiccante né eccessivamente strutturato – risultato non da poco, considerato l’ambito di riferimento. Certo, bisognerà attendere la prova di un full length per vedere se la band riuscirà a tenere alta l’attenzione su durate consistenti, ma la caratura dei Nostri ci appare già chiara: parlano un linguaggio di pochi, eppure sembrano capaci di trasmettere il proprio messaggio a molti, alla guisa di un traduttore simultaneo pisciforme.
(Tempura Dischi, 2018)
1. Morning Birds
2. TGD
3. Veins
4. Follow Me When I Leave