Non è facile inquadrare ben bene gli Addiktio, band norvegese dedita a una sorta di prog rock obliquo in cui ritroviamo cose da veri cultori come Motorpsycho e Aiming For Enrike. Ma non fatevi ingannare da quanto scrivo, quello che fanno gli Addiktio è sufficientemente personale da non essere confuso con i due riferimenti appena usati.
Gli Addiktio sono una band molto particolare che convoglia varie cose in una sola creatura. Non è difficile cogliere nel marasma sonoro di questo Anthem for the Year 2020 dettagli e sonorità tipicamente brit rock mescolate squisitamente a cose di chiara derivazione progressive e space rock, il tutto con uno spirito modernamente classico che fa pensare agli Opeth del periodo Watershed. Certo, io sto scrivendo mettendomi nei panni di chi magari non li conosce, ma questa caratteristica così fortemente composita nel loro sound era chiara fin dal precedente Verraton, disco del 2018 che non poteva essere altro che un preludio a questo lavoro di cui scrivo, anche se sonoramente le cose erano decisamente più rudi. Anthem… è un disco che nel suo essere una sorta di viaggio onirico nelle vastità infinite del cosmo, riesce a contenere una certa violenza sonora che si manifesta attraverso suoni acidi e corrosivi che colpiscono subito l’ascoltatore, di questo ne è un esempio quasi banale la title track “Anthem for the Year 2020”. Può sembrare a un primo ascolto che i brani siano costruiti tramite collage, ma così non è anche se si può notare una discreta discontinuità nelle strutture dei singoli pezzi, ma credo che questo sia da attribuirsi a un modo molto particolare di comporre. Credo si debba ascoltare questo disco nello stesso modo in cui si guarda una scena di suspense o di morte di uno qualsiasi dei film del periodo migliore di Dario Argento: avete presente che in molte scene incluse in Profondo Rosso o in Inferno vengono inquadrate cose del tutto estranee a quello che si sta svolgendo? Cosa mai potrebbe centrare una lucertola che mangia una falena mentre il personaggio di Irene Miracle muore? Nulla, assolutamente nulla, è lì per destabilizzare lo spettatore (in questo caso l’ascoltatore) e ci riesce perfettamente. Il clima agitato e nervoso di pezzi come “The Grand Farewell” o “Dreadmill” sono la prova di come questa band tramite un dinamismo enorme e una sensibilità incredibile riesca a dar vita a una musica che da un lato fa sognare e dall’altro riempie la testa di pensieri instabili, di momenti assurdi che riportano alla mente a tratti anche i Primus di Sailing the Seas of Cheese. Insomma nulla è a caso e tutto è squilibrato, ma assolutamente degno di più di un ascolto, senza il quale ci si perderebbe qualcosa di molto divertente e mai scontato.
Cos’altro dire di questo disco? Credo sia bene farsi la propria idea, credo sia uno di quei dischi da vivere tramite le proprie percezioni e basta, perché è talmente stratificato da poter concedere a chi lo ascolta il beneficio dell’interpretazione. Comunque è un gran lavoro, adattissimo a chi si prodiga in ascolti di prog rock e space rock, ma con la predilezione verso un tipo di musica che non vuole essere pulita o precisa, ma comunque dotata di grande eleganza.
(Indie Recordings, 2021)
1. Anthem for the Year 2020
2. Genetic Circus
3. The Grand Farewell
4. Spectacle
5. Epidemic Orchestra
6. Dreadmill
7. North
8. An Ode to the End