Non è un mistero che il Canada sia diventato, negli ultimi anni, uno degli angoli del globo più stimolati e stimolanti per quanto riguarda la scena metal (e non solo). Pensando alle sue immense foreste, l’attenzione si era posta, in passato, principalmente sulla nascente scena post-rock, o all’ambient/drone dei maestri Nadja, ma negli ultimi 10/15 anni un paese unico come il Canada ha saputo dare luce a una scena metal estremamente particolare: pensiamo a band estreme come Gorguts, Gris, Menace Ruine, Mitochondrion, etc. Il denominatore comune di tutte queste band può essere riassunto in una sola parola: evoluzione. Ed è proprio dell’evoluzione che anche i Wake da Calgary hanno fatto la loro bandiera. Proseguendo il discorso già abbondantemente avviato con il precedente Misery Rites, il quintetto canadese continua ad aggiungere altri colori alla sua tavolozza con Devouring Ruin, ampliando la sua tela e creando visioni ancora più disturbanti e ispirate, cercando di raffigurare sempre meglio certi tipi di desolazioni e solitudini umane.
Il processo avviato dalla band pesca a piene mani da esperienze più di ampio respiro, pur cercando di tracciare una rotta sempre personale. Si possono infatti intravedere nella potenza di Devouring Ruin richiami tutt’altro che celati a formazioni più “sulla bocca di tutti”, come Deathspell Omega, Buried Inside o Rotten Sound, ma è innegabile che la ricetta proposta non sia solo un minestrone di influenze ma un’esperienza abbastanza unica e soprattutto onesta. Il grind degli esordi infatti rimane solo un passato da cui attingere, per non perdere la propria identità più profonda, ma il suono della band si è trasformato in un qualcosa più orientato al black metal che strizza l’occhio, seppur da lontano, a influenze più affini al post-hardcore (l’apripista “Dissolve and Release” ne è la prova), al death (vedi “Mouth of Abolition” e la devastante “The Abyssal Pain”) o a intermezzi ambient molto ben costruiti. L’ingrediente principale rimane la cieca violenza, servita in capitoli tanto diversi quanto sperimentali, raggiungendo l’apice compositivo con “Torchbearer”: se si dovesse scegliere una canzone simbolo del disco, probabilmente sarebbe lei, con i suoi ritmi variegati, dilatati ma sempre striscianti, che creano immagini sempre più angoscianti.
In conclusione, Devouring Ruin rappresenta una delle uscite estreme di riferimento per questo 2020, ed è in grado di soddisfare i palati più differenti, avendo tutte le carte in regola per arrivare potenzialmente ad una platea molto varia. Ovviamente si ricade nel solito cliché, ovvero quello per cui a volte ad una qualità musicale e a margini di crescita potenzialmente esplosivi non si accompagna una eguale notorietà. Sicuramente i Wake sono una di quelle band che meriterebbero una visibilità più ampia, anche perché il quintetto non sembra avere per niente voglia di fermarsi (a ottobre 2020 è stato pubblicato un EP molto interessante, Confluence) e onestamente, per chi scrive non c’è n’è motivo.
(Translation Loss Records, 2020)
1. Dissolve and Release
2. Kana Tevoro (Kania! Kania!)
3. This Abyssal Plain
4. Elegy
5. Mouth of Abolition
6. Paean
7. Torchbearer
8. In the Lair of the Rat Kings
9. Monuments to Impiety
10. The Procession (Death March to Eternity)