Conoscendo gli Ottone Pesante sarebbe difficile pronosticare una virata di questo tipo da parte di uno dei membri, appunto il Bucci, perché i segni a volerli leggere ci sono tutti nella proposta del trio, ma dedurre questo è come quando si scruta il cielo, si leggono le nubi e il vento predicendo pioggia, solo che sono stati letti male e succede esattamente il contrario.
Zobibor è l’estensione perfettamente esatta di uno dei rami degli Ottone Pesante. Bucci confeziona un disco assai strano, quasi alieno a tratti, in cui il concetto di sperimentazione subisce una notevole spinta in alto della sua asticella di misurazione. Tutto si basa sull’utilizzo di trombone e tuba e ogni brano non giova di sovrascrizioni, si tratta del saggio autentico di un musicista che usa tutto quel che può in una sola take per creare qualcosa di musicale certo, ma di quando in quando persino discorsivo, come se stessimo ascoltando i deliri di una mente confusa ed è davvero interessante perché prende quelle che sono chiare radici jazz e le maneggia facendo nascere un ibrido che attinge anche dall’ambient. Difficile prendere un pezzo nel dettaglio per introdurre un album come questo per la sua natura ostica alle orecchie di un ascoltatore poco avvezzo a sonorità più vicine alla musica astratta che alla “canzone” classicamente intesa. Ma resta un lavoro capace di far sorgere domande e l’arte esiste proprio per questo.
In sostanza è un disco inaspettato, che dona molti momenti incredibilmente dotati di una capacità innata di smarrire l’ascoltatore. Consigliatissimo questo album, ma soprattutto consigliato in sede live, che se possibile è anche più sconcertante.
(Autoproduzione, 2023)
1. Il lento soffocare dei superstiti
2. Jökull-stormur
3. La neve che scricchiola sotto i miei passi
4. La marcia dei soldatini
5. Stupido scemo
6. Now I understand why Chuck Schuldiner called his band Death
7. Il disperato cercarti nel fondo di un tuba