Alle volte capita di trovarsi al cospetto di dischi che rappresentano un clamoroso “vorrei ma non posso”. I londinesi Lowen ne forniscono un esempio evidente con il loro secondo album in studio: Do Not Go To War With The Demons Of Mazandaran è per me una grande occasione persa. Ma come? Nonostante il voto finale, come posso affermare questo? Beh, è presto detto. La band pesca a piene mani da vari generi: djent, nu metal, thrash, folk, modern metal e qualsiasi cosa possa passare per quel gigantesco continente chiamato alternative rock. La mistura viene fuori anche bene, i due leader – Shem Lucas alle chitarre e Nina Saeidi alla voce più innumerevoli strumenti, soprattutto mediorientali – sanno sicuramente il fatto loro e la scrittura finale è di qualità. Il problema, grande, è che durante l’ascolto del disco, si notano palesemente due cose. La prima: i brani, man mano che si procede nella tracklist, calano di qualità. La seconda: tendono a usare le stesse strutture e i medesimi trucchetti, che sono gradevoli, impattano più che bene, però alla lunga tendono a logorare la pazienza e cancellare l’attenzione per chi ascolta. In primo luogo, le linee vocali di Nina Saeidi hanno la fastidiosa tendenza ad assomigliarsi: l’album, sei tracce per trentasei minuti di durata, alla fine pare un lunghissimo mantra.
Anche a rischio di ripetermi e risultare ridondante: questo lavoro non è male. Lucas si rivela una macchina con la sua chitarra, ritmiche serrate, belle melodie, suoni pastosi senza risultare caotici. Saeidi ha una voce particolare, becca note altissime, ma in almeno tre brani utilizza lo stesso effetto per i suoi vocalizzi. La batteria di Cal Constantine – che onestamente non ho capito se sia membro effettivo o solo un session man – è più che buona. Dinamica, aggressiva, variegata. Le liriche dei brani raccontano, tra inglese, farsi e sumero, la drammaticità delle tirannie del Medio Oriente e mai come in questi giorni sembra tutto angosciosamente più reale e concreto (quando si è a duemila km di distanza, il puzzo della decadenza umana non arriva a disturbare le narici di chi ha il culo nella parte fortunata del mondo). Se vi piacciono artisti come Otep (ma i Lowen sono meno paranoici e irrisolti), Protest The Hero (per l’urgenza del messaggio da veicolare, per i picchi del cantato), The Mars Volta (data la circolarità ipnotica e sciamanica dei brani), direi che Do Not Go To War With The Demons Of Mazandaran fa decisamente al caso vostro.
Un album che rappresenta sì un’occasione persa – per diventare un punto di riferimento nella discografia della band, e non solo – ma sicuramente una base solida sulla quale innalzare il proprio vessillo.
(Church Road Records, 2024)
1. Corruption on Earth
2. Najang Bah Divhayeh Mazandaran
3. Waging War Against God
4. The Seed That Dreamed Of Its Own Creation
5. May Your Ghost Drink Pure Water
6. Ghaak For The Embrace Of Fire