Mi piace pensare che Grind on the Road possa diventare uno spazio in cui la musica trova la sua ideale collocazione, indipendentemente da quello che è il genere che propone, non fosse altro che per il fatto che considero ancora forte, e attuale, l’idea che la musica possa, anzi debba, abbattere barriere e steccati. Ragion per cui, un album come questo di Sofia Härdig deve passare anche sulle nostre pagine. Non so in quanti, fra i fruitori abituali del nostro spazio, abbiano la voglia e la pazienza di cimentarsi con un disco che, solitamente, non ascolterebbero. Come non ho idea di quanti tra loro riusciranno ad apprezzarlo, e quanti, invece, scapperanno (o “skipperanno”, a seconda dello slang generazionale che li contraddistingue) altrove in cerca di quel qualcosa che possa farli sentire sempre e comunque parte della loro comfort zone.
Lighthouse of Glass è il nono album della Nostra, che arriva a distanza di sei anni dal precedente, e che le permette di proseguire in quel percorso di consolidamento che ruota intorno alla versatilità delle sue vocalità. Il tutto arriva a compimento di un periodo di stasi, in cui la Härdig sentiva il peso della prestazione farsi sempre più opprimente, ma era al tempo stesso convintissima di essere in procinto di sfoderare un lavoro di qualità altissima. Un’attesa decisamente lunga ma che ha partorito un disco di cui va sicuramente fiera. Non è impresa facile sintetizzare in poche righe quello che è il mondo di Lighthouse of Glass. I brani si susseguono alternando stati d’animo contrastanti, atmosfere cangianti anche all’interno dello stesso pezzo. Ad una chiave di lettura piuttosto frettolosa, potrebbe far pensare a un prodotto pensato e confezionato per il mainstream. Ma non è così. Il disco ha una sua dignità, che va ricercato nel tentativo della Härdig di portarci all’interno di un universo in cui regna la bellezza, dove si cerca di guardare alla resa senza perdersi in inutilità, in nome di quel “less is more” che ho, da anni, tatuato in fronte.
Realizzato quasi in solitaria, per poi però avvalersi di alcuni dei nomi di punta della musica scandinava, Lighthouse of Glass lascia da parte i suoni più aspri del passato per dedicarsi quasi esclusivamente alla voce come elemento portante intorno a cui tutto ruota. Un album che lascerà interdetti e dividerà, ma che ha un suo valore qualitativo innegabile che esula dal gusto personale.
(Bark At Your Owner, 2025)
1. APRIL
2. COLLISION
3. LIGHTHOUSE OF GLASS
4. KINGDOM COME
5. PALE FIRE
6. THURSDAY MORNING IN BLOOM
7. KIND OF LIGHT
8. CROWN
9. IN SILENCE
10. STRANGE RACE