Avevo definitivamente messo una pietra sopra all’idea di un nuovo album di Suzanne Vega. Rassegnato al fatto di dovermi nutrire esclusivamente di ricordi, stavo sistemando i suoi dischi non più di qualche settimana fa, in una delle tante giornate tutte uguali in cui non ho voglia di fare niente, quando mi è arrivata la mail con la notizia dell’imminente pubblicazione di Flying with Angels. Sono passati quasi dieci anni da quel Lover, Beloved: Songs from an Evening with Carson McCullers del 2016 che non mi fece particolarmente impazzire, anzi. Al punto che intimamente sperai potesse essere l’album che chiudeva la sua più che onorevole carriera. E invece, eccola qui, ancora una volta. A voler essere fiscali, l’ultimo album di inediti è ancora più remoto, parliamo di quel Tales from the Realm of the Queen of Pentacles del 2014 che a me sinceramente era piaciuto. Concettualmente ispirato dalla lotta quotidiana a cui siamo costretti, in ogni ambito in cui ci collochiamo, Flying with Angels chiude i suoi primi quarant’anni di carriera, aperti nel lontano ’85 dal suo album omonimo, disco che mi fece innamorare di lei all’istante, sull’onda del video di “Marlene on the Wall” in rotazione su Videomusic. Non era ancora esplosa a livello mondiale, quello sarebbe successo un paio di anni dopo, con quel “Solitude Standing” che la consacrò ovunque come un’icona folk, Italia compresa.
La ritroviamo oggi, a distanza di quasi mezzo secolo, in ottima forma. Sia chiaro, quello che doveva dire, ormai lo ha detto da tempo, attraverso album eterogenei che hanno messo in mostra tutta la sua qualità compositiva. La resa finale comunque racconta un lavoro interessante, che si colloca in un contesto sonoro contemporaneo senza sfigurare, nonostante buona parte del disco sia orientata a ripercorre il suo classico approccio acustico, caldissimo e intimista. Un sound che l’ha resa uno dei punti di riferimento per intere generazioni di cantautrici, in cui riesce ad eccellere ancora, come se il tempo si fosse fermato, e fossimo ancora quegli adolescenti incazzati, vestiti di borchie e con capigliature improbabili e avventurose, che quasi si vergognavano di confessare l’amore per lei. Il tempo invece è passato eccome, e non ha fatto sconti, né a noi né a lei. Ragion per cui, ritrovarsi oggi, ancora innamorati, non può che far piacere, oltre che confermarci che, quando la consideravamo una folk singer di qualità, non stavamo prendendo un abbaglio, tutt’altro.
Flying with Angels è un album davvero a fuoco, che affronta tematiche di strettissima attualità, dalle guerre alla disinformazione, passando per la frustrazione per le politiche che vanno a discapito dei meno abbienti, in una guerra tra poveri che non giova a nessuno. Il tutto con il tocco poetico ed elegante che l’ha sempre contraddistinta, elevandola, a livello intellettuale, ben al di sopra della media delle cantautrici statunitensi “impegnate”. Ambito che l’ha sempre vista piuttosto defilata, quasi schiva. Un’autentica antidiva, sobria e discreta. Come quando la incontrai prima del suo concerto a Spezia, in un bar del centro, nel luglio del 2000. Stava prendendosi un espresso, da sola, in totale anonimato, come un’avventrice qualunque. Decisi di rispettare questa sua scelta, e la osservai a distanza, senza dirle nulla. Fu lei che mi sorrise, dopo aver pagato, consapevole di essere stata oggetto delle mie discrete attenzioni. Le risposi con un gesto della mano, indicando Piazza Mentana, come a voler dire ci vediamo dopo. E così fu.
(Cooking Vinyl, 2025)
1. Speakers’ Corner
2. Flying with Angels
3. Witch
4. Chambermaid
5. Love Thief
6. Lucinda
7. Last Train from Mariupol
8. Alley
9. Rats
10. Galway