Sara Persico sa come modulare i suoni. Conosce alla perfezione ogni macchinario ed è in grado di saperlo far rendere al massimo delle (sue) possibilità. Questa è la prima certezza che sentiamo di dover affermare. Un punto di partenza di tutto rispetto, ne siamo consapevoli nel momento in cui lo scriviamo, ma, siamo altrettanto certi che, una volta ascoltato il suo album, converrete con noi sul fatto che la Persico si sta ritagliando uno spazio di prim’ordine in ambito sonoro non convenzionale. Il suo recente Sphaîra ne è l’esempio più lampante. Un’opera che riesce ad essere inquietante, ma con eleganza, cercando di non perdere quel legame con la bellezza che ne contraddistingue la cifra stilistica. La sua non è da inquadrare come cacofonia sonora, bensì come una sorta di delicata sperimentazione.
Liberiamo il campo da ogni possibile equivoco. Sphaîra non è un disco facilmente decifrabile. E, molto probabilmente, non ha mai voluto esserlo; anzi, al contrario. Concettualmente è un album ispirato all’idea di trasformare l’acustica del Teatro Sperimentale della Fiera Internazionale Rachid Karami di Tripoli in inquietanti texture realistiche. Il teatro, centro del disco, rimasto incompiuto a causa della guerra civile libanese nel 1975, è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 2023. È lì che sono stati registrati i field recordings da cui poi è partita la costruzione dell’album. Una struttura progettata per far sì che i sussurri della voce potessero essere percepiti in ogni angolo della sala, indistintamente, nitidamente. Un album, quello di Sara, che guarda alla trance mistica, e alla musica tradizionale mediorientale. Con una serie di field recordings che sono riusciti a catturare non solo l’acustica della sala, ma anche tutti i rumori delle strade circostanti, fusi in un flusso sonoro multistratificato che esalta il rumore del silenzio in ogni sua manifestazione.
L’elettronica sposa la musica tradizionale in un contesto di suoni catturati in tempo reali e riprocessati, in un’avvicendarsi di riverberi che stratificano la proposta portandoci in uno spazio dove tutto quello che conosciamo perde il proprio significato, e dove il tempo piange le lacrime amare di chi sa che nulla tornerà agli antichi fasti. Il fuoco arde e ci consegna una seconda parte di album che va in un crescendo emotivo che seduce. Sphaîra è un album che può prendere, in ogni istante, una direzione diversa, contraria o assolutamente speculare alla precedente, e che lo fa realmente, con una grazia che sublima l’estasi. Sara aggiunge anche la voce, ma in modo quasi impercettibile, come a non voler rompere l’idillio, senza prendersi la scena, rispettando la sacralità di uno scenario unico.
(Subtext Recordings, 2025)
1. The Center Cannot Hold
2. Brutal Threshold
3. Blue Box
4. Maze
5. Rashid Karami
6. Domescape
7. Kairos
8. Peripheral
9. Voices Organ
10. 34°26’14”N 35°49’24”E
11. Dust