Spoiler: questo che state per leggere potrebbe suonare come una dichiarazione d’amore.
Credo che scrivere un’introduzione su chi siano i Sadist e su cosa rappresentino per la scena italiana (ma non solo!) sia sinceramente ridondante. I Nostri sono all’attivo dai primissimi anni Novanta e non si sono praticamente mai fermati (o quasi, ad essere sinceri: in realtà dal 2000 al 2005 si presero una lunga pausa). Senza contare che il loro mastermind Tommy Talamanca è una figura di spicco nel metal italiano, grazie al suo contributo nella la scena ligure (riuscì a portare i Cynic a suonare a Genova, una città che e’ sempre rimasta fuori dal circuito internazionale dei concerti), e grazie anche al suo studio di registrazione Nadir Music. Ma se un’introduzione su di loro è inutile, c’è una cosa che devo assolutamente dire: sono cresciuto ascoltando i Nostri ed essendo ligure, ho anche avuto modo di vederli molte volte dal vivo, a partire dalla prima storica formazione. Il loro debutto del 1993 Above the Light è un capolavoro del metal estremo in assoluto, non solo del metal dello stivale, e sono pienamente convinto che se fosse stato pubblicato da qualche band americana, invece che dai liguri Sadist, adesso sarebbe annoverato tra i capolavori del death metal tecnico, insieme agli album di mostri sacri come Death, Gorguts, e pochissimi altri. Comprai Above the Light quando uscì, e lo feci a scatola chiusa come si faceva a quei tempi: ne rimasi subito folgorato, e da allora non ho mai smesso di ascoltarlo. Questo disco non è invecchiato di un minuto, nonstante i suoi 32 anni, ed è un fottuto capolavoro come ce ne sono pochi altri al mondo.
Ma veniamo ad oggi. Dopo tre anni dal precedente album (Firescorched, disco molto bello a mio avviso, che mi aveva piacevolmente sorpreso), il 7 marzo è uscita la loro ultima fatica, intitolata Something to Pierce, per la sempre ottima Agonia Records. Ad accompagnare il duo che rappresenta il cuore e la mente dei Sadist, vale a dire Tommy (chitarre, tastiere, e molto altro) e Trevor (voce), troviamo Giorgio Piva alla batteria e Davide Piccolo al basso fretless. Musicalmente, Something to Pierce riparte da dove Firescorched ci aveva lasciati, e si evolve: canzoni ancora più sorprendentemente curate e studiate nei minimi dettagli, dove tutti, compresa la produzione (a cura dello stesso Tommy nel suo studio), fanno un lavoro eccezionale. La cosa sorprendente è anche il fatto che tutti i brani hanno un minutaggio contenuto (la più lunga supera di poco i 5 minuti), e quindi non sono prolissi, ma nonostante questo riescono a straripare di idee. A questo aggiungeteci anche un lavoro straordinario fatto con il fretless, e la voce di Trevor che si amalgama perfettamente con il resto della band. Ecco, mettendo tutto questo insieme, direi proprio che Something to Pierce finirà sicuramente nella mia top ten di fine anno. Descrivere le canzoni una ad una per un disco così sarebbe noioso e riduttivo, quindi lascio a voi il piacere di scoprire Something to Pierce. Tra i dieci pezzi che vanno a comporre l’album mi permetto però di segnalare la bellissima e parecchio prog “No Feast for Flies”, la variegata “Kill Devour Dissect” con il suo assolo eccezionale, l’incredibile break in “Dume Kike”, l’orientaleggiante “Nove Strade” e la conclusiva “Respirium”, brano interamente strumentale che per suoni ed atmosfere mi ha catapultato indietro ai tempi di Above the Light con la strumentale “Sadist”.
Per concludere, anche a provare a fare la punta al belino (giusto per rimanere in tema ligure), non riesco a trovare niente che non funzioni in Something to Pierce, ed è semplicemente tutto perfetto.
(Agonia Records, 2025)
1. Something to Pierce
2. Deprived
3. No Feast for Flies
4. Kill Devour Dissect
5. The Sun God
6. Dume Kike
7. One Shot Closer
8. The Best Part is the Brain
9. Nove Strade
10. Respirium (instrumental)