Il processo di allontanamento dal death metal dei Bedsore prosegue, e con ottimi frutti. Dreaming the Strife for Love mostra infatti una band che flirta con decisione con il prog d’autore, quello italiano degli anni Settanta per intenderci. L’evidenza dei fatti ci mostra un progetto sonoro che sta riscrivendo le coordinate all’interno del percorso in cui intende muoversi, dando sempre maggiore spazio alle partiture più “ragionate”. Il rischio che si possa guardare all’album come a un qualcosa di troppo impegnativo, che tende a stancare, è una possibilità che non mi sento di scartare aprioristicamente, soprattutto per chi non è particolarmente allenato a questo tipo di sonorità, a volte eccessivamente prolisse. Ma sono altrettanto portato a pensare che questo Dreaming the Strife for Love sia stato costruito intelligentemente, tenendo conto anche di questa eventualità. E credo che la cura con cui sono stati allestiti gli arrangiamenti, uno dei punti di forza del disco, stia proprio a dimostrare questa mia convinzione.
Dreaming the Strife for Love è un lavoro davvero ben fatto, realizzato da musicisti che hanno chiaro in mente quello che intendono fare, ma soprattutto come farlo. Personalmente mi sento di sposare appieno questa loro tendenza progressive, fino a farla diventare l’anima dei loro album futuri, andando progressivamente (concedetemi il gioco di parole) ad eliminare le parti più metal dai loro brani. Non ne hanno alcun bisogno. Anzi sono queste le uniche vere zavorre di un disco che tutti noi che transitiamo sulle pagine di GOTR dovremmo ascoltare almeno una volta. Dal prog italiano i Bedsore hanno preso anche la lingua. I testi sono infatti (nonostante i titoli in inglese) interamente in italiano, ma soprattutto meritevoli di una lettura attenta. I Bedsore con questo disco non inventano nulla. Si limitano a riscrivere la storia della musica italiana di nicchia (e in parte, forse, di spocchia) degli anni Settanta. E lo fanno davvero molto bene. Al tempo il prog era avanguardia pura. Oggi non so se siamo sullo stesso livello. Credo manchi quella coscienza “di classe” che permise, in quegli anni, la creazione di un movimento culturale di primissimo livello, antagonista, soprattutto da un punto di vista ideologico. La rivoluzione è finita. Forse troppo presto.
Dreaming the Strife for Love è un album oscuro, e “maledetto” come da tradizione del genere. Non è però, un disco facile, per tutti. Soprattutto non è un disco per chi è eroso dalla fretta, dalla superficialità. Meditativo e profondo, è senza dubbio un album – come detto – con cui occorre confrontarsi, e, venire a patti. Grazie ad una cura capillare in fase di mix, e di master, che valorizza ogni passaggio, ogni strumento, ogni sfumatura, al meglio, l’album ha tutte le carte in regola per poter piacere anche a coloro che abitualmente guardano altrove. Chiudo con l’auspicio – legato all’abbandono di un logo che ormai ha ben poco a che fare con quella che è attualmente la caratura della loro proposta – che guarda al fatto di poter fare quel passo avanti nella direzione che possa permettere loro di distaccarsi – finalmente e totalmente – dal metal. Sarà quello il momento in cui potremo pensare di doverli – giustamente – collocare nell’Olimpo di chi osa. E vince.
(20 Buck Spin, 2024)
1. Minerva’s Obelisque
2. Scars of Light
3. A Colossus, an Elephant, a Winged Horse; the Dragon Rendezvous
4. Realm of Eleuterillide
5. Fanfare for a Heartfelt Love
6. Fountain of Venus