È innegabile che l’uscita nel 2019 di Hidden History of the Human Race abbia alzato, e di molto, lo standard qualitativo del death metal (iper)tecnico e progressivo. Chiunque vorrà esprimersi richiamandosi a tale genere dovrà confrontarsi con le tonnellate di lava cosmica che escono dalle casse ascoltando quel disco. I Blood Incantation ci hanno poi sorpreso, ma non troppo, con Timewave Zero (uscito poco più di un anno fa), esperimento ambient ed elettronico non distante dall’esperienza dei Tangerine Dream, tanto per citare uno dei più importanti riferimenti storici. Sorpreso ma non troppo, appunto, in quanto Paul Riedl, chitarrista e cantante del gruppo, porta avanti già da qualche anno la sua carriera solista di musica ambient e sperimentale con vari mixtape pubblicati a suo nome e soprattutto con il progetto Hoverkraft. Ecco adesso questo Luminescent Bridge, a tutti gli effetti un maxi singolo (apripista di un prossimo full-length?) che in una ventina di minuti mette insieme le due anime della band, comunque sempre caratterizzate dal loro marchio di fabbrica cosmico e astronomico.
Quello che una volta avremmo chiamato “lato A” ospita “Obliquity of the Ecliptic”, pezzo canonicamente progressive death metal, caratterizzato dalla notevole e notoria perizia tecnica del trio di Denver nel quale, umilmente, registro una proposta musicale forse meno originale che in passato. L’impronta dei Morbid Angel è evidente nella prima parte della canzone e nella strofa, soprattutto nelle dissonanze e nell’uso degli armonici, mentre rimangono tempi dispari e passaggi intricatissimi degli strumenti a corda a cui i nostri ci hanno abituato. Oltre a questo si nota una grande pulizia dei suoni, meno impastati che in passato (questo non significa che fosse un difetto, trovo che fosse funzionale alla creazione di quel magma extraterrestre tipico dei nostri), dove si può godere nitidamente di ogni strumento. Dopo una prima parte aggressiva si arriva alla seconda metà, a mio avviso la più interessante, ossia una mini suite strumentale caratterizzata da arpeggi di chitarra pulita, batteria su tempi lenti e persino un timido tentativo di clean vocals da parte di Riedl. Sul bell’arpeggio che funge da bordone parte un elegante assolo di chitarra mentre la batteria, prima in doppia cassa e poi persino in blast beat, guida il pezzo verso la chiusura in fade-out. Il secondo pezzo del singolone è proprio la title-track e qua torna l’altra anima dei Blood Incantation, quella cosmica e a base di sintetizzatori. Rispetto alle tracce del già citato Timewave Zero c’è una più marcata presenza di batteria, basso e chitarra ma le atmosfere appartengono di certo più a un esperimento simil-ambient che a un pezzo metal. La canzone si fa ascoltare ma l’impressione che rimane è quella di trovarsi davanti a un lunghissimo outro come quelli che caratterizzavano le uscite di death e gothic metal degli anni Novanta e Duemila.
Rimane quindi difficile esprimersi con un voto numerico su questa uscita che contiene due soli pezzi (uno e mezzo?) peraltro diversissimi tra loro. Traspare un tentativo di continuare a progredire e forse di mettersi ancora in discussione, optando stavolta, soprattutto nel primo brano, per suoni più nitidi e scelte melodiche più “facili”, sperando però che questo non vada a scapito dell’originalità (sempre più rara, purtroppo, in ambito estremo) a cui i Blood Incantation ci hanno abituato. Attendiamo quindi i nostri al varco con un’uscita più lunga e composita, curiosi di capire quale anima dei nostri prevarrà (ma tifando ovviamente e non troppo segretamente per un disco all’altezza della loro meritatissima fama).
(Century Media Records, 2023)
1. Obliquity of the Ecliptic
2. Luminescent Bridge