Benvenuti a “Il glitch necessario”, una nuova rubrica su GRINDONTHEROAD. Di cosa tratterà? Di ciò che mi piace: rap storto e musica sperimentale. Devo inevitabilmente, con un sommesso colpo d’ego, spiegare ai tanti che non mi conoscono e navigano queste pagine chi sono. Io sono Alfre, un ragazzo di 33 anni, malato di musica: mi pare verosimile riassumermi così. Vengo dal rap, ne ho fatto tanto e anche scritto per varie testate online (Rapologia, Rapadvisor, lo storico Moodmagazine). Quando l’egemonia trap ha preso in mano la questione, già da diversi anni amavo quel rap che usciva dai clichè del genere e difatti come testimonia la mia umile discografia ho perlustrato le possibili connessioni del linguaggio con la poesia e lo spoken word.
Circa un anno e mezzo fa ho analizzato un tassello che mi mancava: il suono. Ho iniziato a studiare male pianoforte dal maestro Enrico Zavalloni (un musicista con 3 M maiuscole) e a mettere le mani su quelle splendide tastiere chiamate sintetizzatori. Ho intrapreso questa fase nuova di studio che mi ha ridato vita in un momento nel quale la scrittura non mi appagava più, tantomeno il rap, nonostante l’abbia sempre fatto e ascoltato. Conoscevo la storia di uno street artist della zona che usava questi strumenti chiamati sistemi modulari, il buon Burla22, così gli ho scritto per chiedere se aveva voglia di darmi due dritte sulla sintesi del suono: la sera stessa ero a casa sua.
Dopo poche chiacchiere, accese il suo sistema modulare e mi chiese “Che suono vorresti sentire? Un theremin?”, prese da un oscillatore un’onda sinusoidale (credo) e la passò dentro un filtro et voilà: ecco il suono di un theremin. Con fierezza oggi posso dire di collaborare su più fronti con Burla che mi ha insegnato una cosa fondamentale dell’arte: l’importanza delle anomalie.
Io con le parole avevo fatto quello stesso percorso che lui e tanti altri hanno fatto con la musica e che oggi arrivo a tradurre con un solo concetto: ricerca. Inutile dire che di lì a poco ho salassato stipendi nei moduli Eurorack e che ancora oggi, nonostante la povertà latente, non riesco minimamente a pentirmene. Vi invito a cercare, qualora non le conosciate, le storie di Buchla e Doepfer (non sto dimenticando il ben più riconosciuto Moog): visionari che hanno dato un contributo significativo introducendo al mondo strumenti che a loro volta hanno fornito nuovi modi per creato nuove sonorità, ma anche nuove modalità per la musica dal vivo e così via. Oggi in tantissime piccole case di produzione, come nelle più grosse, esplode una creatività utilissima ai musicisti per non essere banali (anche se a sentire la musica che gira ai piani alti non si direbbe…).
Questa piccola introduzione per dire che questo glitch oggi come oggi è necessario: bisogna essere anomalie nel sistema. Concludo ponendo qualche domanda che ci spieghi più a fondo cos’è un sistema modulare a Vinx Scorza, artista di un certo spessore e capitano della brigata Bologna Modulare che si esibirà (in parte) al Magazzino Parallelo di Cesena domani, venerdì 2 febbraio.
Cos’è un sistema modulare?
Il sistema modulare è una domanda con mille risposte. Dal punto di vista storico-organologico è in qualche modo il primo strumento elettronico propriamente detto, ovvero non elettromeccanico ma elettronico, che sfrutta l’elettricità per produrre suono; lo strumento con cui sono stato scritti alcuni dei capolavori della musica elettronica storica, e stiamo parlando della prima metà del secolo scorso! Anche se allora non si chiamavano modulari ed erano grandi quanto l’armadio della nonna. Dal punto di vista acustico – e un po’ l’ho detto anche prima – è uno strumento assai speciale, che sfrutta l’eccitazione degli elettroni per trasmettere analogicamente quella vibrazione a dei trasduttori elettromeccanici (loudspeaker), non c’è musica elettronica senza diffusori, e questa è un’altra condizione speciale degli strumenti elettronici tutti, e a maggior ragione dei sistemi modulari! Dal punto di vista personale, è un ritorno alle origini, a un approccio fisico con lo strumento musicale, che avevo perso nel corso del tempo, perché è vero che i computer sono la causa del mio innamoramento verso la musica elettronica, ma è vero anche che mi avevano allontanato da un contatto diretto con la materia sonora, esperienza che invece col modulare è tornata ad essere qualcosa che sta sull’orlo del tattile, per non parlare della possibilità propria del sistema modulare (letteralmente strumento a moduli) di essere riconfigurato sempre in maniera diversa, a seconda delle esigenze specifiche, una vera goduria per chi non riesce a stare fermo con la testa! Da poco poco meno di trent’anni il formato Eurorack (uno dei tanti formati dei modulari) ha reso economicamente più accessibile l’ingresso nella tana del Bianconiglio, e da allora si è vista un’ascesa costante della “scena” modular, facendone l’alfiere degli strumenti elettronici. Ovviamente non ho risposto esaustivamente né chiaramente alla domanda, d’altra parte potrei scrivere un intero capitolo di un libro solo questa unica risposta!
Come ti sei approcciato a questo tipo di strumento?
Io vengo dell’esperienza della musica “suonata” e poi dalla computer music, poi nel 2018 ho acquistato un synth semi-modulare, “per provare l’effetto che fa”, intenzione che però sai già che ti porterà sulla strada dell’inferno. Era un Modulör114 del brand italiano Soundmachines: una macchina incredibile, a doppio oscillatore, in uno stile piuttosto “tradizionale” (East Coast diremmo nel gergo specifico modular), semplice e versatile allo stesso tempo. È bastato un unico live per convincermi che non sarei più potuto tornare indietro, da allora è stato un continuo crescere, cambiare, variare, ricostruire, rimodellare, plasmare, studiare. Il sistema modulare per sua natura è uno strumento dall’assetto temporaneo, sia nelle sue parti costituenti (i moduli), sia nel modo con cui questi moduli (ognuno con una funziona specifica) vengono interfacciati tra di loro e verso l’esterno. Anche il sistema più semplice può portare a risultati assai diversi a seconda dell’approccio utilizzato nell’utilizzo della macchina e del framework nel quale è inserito. Se hai in testa di voler usare uno strumento che fa esattamente ciò che tu gli comandi non so se ti consiglierei un sistema modulare, non perché non possa farlo di per sé, ma perché non ne sfrutteresti le caratteristiche intrinseche! Lo strumento nasce certamente come strumento da studio, per il sound design, da registrare e poi editare, ma renderlo una macchina per l’utilizzo live apre dei mondi paralleli inaspettati. Considera che personalmente mi piace immaginare (e dire) che in effetti a creare il liveset siamo in due…
Che differenze hai trovato tra uno strumento “classico” e un sistema modulare?
Ovviamente stiamo parlando di due cose diverse, un sistema modulare è qualcosa di totalmente altro rispetto ad uno strumento tradizionale. Negli strumenti tradizionali di prassi c’è una pratica strumentale e gestuale che è fondamentale per il controllo del mezzo. Il sistema modulare non necessita di questo tipo di pratica, o almeno qui non è la conditio sine. L’aspetto mentale è decisamente preminente, così come quello probabilistico e aleatorio (quest’ultimo almeno nel mio modo di intendere questa tipologia di macchina). Lo studio dello strumento non è incentrato sulla pratica “gestuale”, alla ricerca del tocco perfetto, ma sulla conoscenza approfondita dell’organologia stessa dello strumento, delle funzioni dei singoli moduli, delle possibilità di interazioni, tue con la macchina e della macchina col mondo esterno. Spesso si sente parlare di “liuteria elettronica”: si intende dire che la sapienza del musicista elettronico rispetto a quella del musicista tradizionale è più assimilabile a quella del liutaio, ovvero a quella di colui che lo strumento lo costruisce, lo ripara, lo elabora, lo trasforma. Senza dubbio poi c’è anche una pratica più prettamente gestuale che è assimilabile a quella dello strumento tradizionale, ma direi una falsità se dicessi che è paragonabile a quella di uno strumento tradizionale. Nel sistema modulare si cercano altre caratteristiche, altre vie, siamo su due piani diversi. Su un piano più personale potrei dire che da “musicista di cose suonate” cercavo un controllo assai preciso sull’emissione del suono, provando a coordinare perfettamente i gesti, mentre quando hai a che fare col sistema modulare il controllo risiede altrove, riguarda una dimensione per così dire olistica, tante sono le variabili da tenere in considerazione; la stessa capacità di controllo diventa un parametro del discorso sonoro, quando molli la presa e la macchina prende il sopravvento può essere un momento epifanico! Oppure da facepalm, il che rende ancora più eccitante il dover recuperare il filo… insomma, è uno strumento per impennare senza mani, e a volte senza testa.
Che cos’è “Bologna Modulare”?
Bologna Modulare è una specie di community di appassionati di sistemi modulari, dico che è “una specie di” perché non lo so neanche io cosa è… un gruppo? Un collettivo? Un format di eventi? Una community? Forse tutte queste cose, forse nessuna. Posso dirti che è nata intorno a marzo 2021, sulla scia di quanto era accaduto nella scena modular di altre città italiane (Roma, Torino, Milano, Genova). Ho pensato che Bologna e il territorio emiliano-romagnolo meritassero di essere rappresentati degnamente in questo panorama, considerato il numero e la qualità degli artisti, pertanto ho creato questa piazzetta, ho acceso un lampione e mi sono seduto sul muretto ad aspettare, per un po’ sono stato da solo, in vigile attesa, poi qualcuno ha iniziato a comprendere il senso dell’operazione. Dal darsi un’identità a recepire poi l’attenzione della scena nazionale (occhio che stiamo parlando pur sempre di una nicchia, eh!) è stato un lampo, con partecipazioni quindi in diversi eventi nell’area del Nord Italia. Ad oggi Bologna Modulare ha iniziato a funzionare come una sorta di catalizzatore di possibilità, un acceleratore di pensieri, cosa che sarebbe impossibile senza l’intervento attivo del cuore della community, che conta poco più di una decina di musicisti elettronici che hanno sposato la causa. Intorno abbiamo una sfera più o meno ampia di appassionati, curiosi e supporter.
Che tipo di esibizione ci sarà il 2 febbraio a Cesena? Alcune particolarità degli artisti che si esibiranno?
Venerdì 2 febbraio per il Magazzino Parallelo di Cesena abbiamo cucinato un evento che vede innanzitutto un workshop gratuito sulla pratica dal vivo dei sistemi modulari (che terremo io e Vlady Yakovenko aka Polyterative), e a seguire ben cinque liveset: Deconstructing AD, Burla22, Polyterative, Vinx Scorza (ovvero il sottoscritto) e Abo Abo. Si parte quindi con i live intorno alle 22 con sonorità ambient e glitch, per poi iniziare ad esplorare i territori più materici della industrial techno, e finire con la ritualità ipnotica e salvifica della cassa dritta. Amen. La serata è stata organizzata in combo con Alfredo D’Alessandro, che è il nostro “man on the spot” a Cesena, lui è nuovo al mondo del modulare ma sotto violentissime minacce di spakkobotilia l’abbiamo costretto ad esibirsi! È sempre lui che ha intercettato e invitato per noi Burla22.
Posso parlarti più approfonditamente di chi conosco meglio nella line-up, ovvero Vlady aka Polyterative, e Daniele Carcassi aka Abo Abo. Vlady ha un suono e un set potentissimo, dal grit unico; lui oltre che musicista è un informatico, un vero nerd dalle mille qualità humane et aliene. Chissà se appartiene davvero al pianeta Terra… Insomma, non passa inosservato. Daniele è un musicista che in ambito sperimentale ha dato e sta dando molto, ma da tempo è assiduo frequentatore delle musiche pensate per il dancefloor, per il quale ha costruito uno stile assai distintivo a base di techno con diverse ibridazioni, la parola d’ordine però resta “get booty!”
In mezzo ci sono io, di cui ho già parlato a sufficienza… Dirò che porto un set il cui genere ho battezzato impro-tekno, in pratica creo della tekno con la kappa (a 140 bpm circa, per gli interessati) in improvvisazione quasi totale, DAW-less e full-modular, una roba che per me è come andare sulle montagne russe con la struttura di sostegno assai pericolante, un vero gioco di prestigio quando l’operazione riesce, se non mi riesce invece è facile che io sia scappato dalla porta laterale, controllate lì. Questi ultimi tre set sono tutti a base modular. La cosa interessante di Bologna Modulare è che non c’è uno stile musicale di riferimento, abbiamo una palette ampia di artisti che hanno dato la propria disponibilità a partecipare a eventi organizzati sotto il cappello di Bologna Modulare, comprendendo che la forza del gruppo è nettamente maggiore della somma della forza dei singoli artisti. Pertanto, per ogni evento che proviamo a strutturare, valutiamo quale sia la proposta musicale più adeguata alla venue (dalle sperimentazioni elettroacustiche, alla drone music, alla techno, ecc.) e vagliamo una line-up da proporre, soppesando il numero di artisti, la durata dei set, la commistione dei generi.
Ci consiglieresti qualche canzone con massiccio utilizzo di moduli Eurorack?
È un domanda che pare innocua e invece è pazzescamente difficile! Vediamo se posso farcela… non sempre gli artisti dichiarano come producono il proprio sound, quindi magari ci sono cose fighissime che però non abbiamo idea di come siano state prodotte. Comunque, ti lascio un elenco non ragionato, qui ovviamente vado totalmente a gusto personale, e anche un po’ totalmente a caso:
blindoldfreak – 111108
Caterina Barbieri – Virgo Rebellion
Steevio – Heddwch
Venetian Snares – Everything About You Is Special
Radiohead – Idioteque
Hannes Bieger – A Million Souls
Richard Devine – Plonked Spectral
Blawan – 993