Certo si è dovuto aspettare cinque anni perché gli svedesi Agrimonia dessero alla luce il successore di quella gemma che era Rites of Separation, ma a conti fatti ne è sicuramente valsa la pena. Uscito a fine gennaio per la Southern Lord, Awaken, c’è da scommetterci, sarà tra i migliori album che potrete sentire quest’anno.
A dargli corpo sei soli brani di lunga durata, ad eccezione del breve momento intimo che è la titletrack, che si adagiano su una soluzione musicale complessa e sfaccettata, saldamente ancorata su una base di atmospheric sludge capace però di comprendere e fondersi a perfezione, come sa bene chi li segue, con momenti di melodic death, crust – stavolta molto poco – e un prog che chiama alla mente tanto quello dei Mastodon quanto i prodromi di quello degli Opeth d’antan. Awaken è un lavoro che risulta organico pur nella sua eterogeneità grazie ad una qualità di scrittura altissima e ad una continua dialettica interna. Entro le loro enormi architetture gli Agrimonia giocano al gioco dei pieni e dei vuoti, facendo coesistere tra loro momenti antinomici, e ritornano elegantemente sui propri passi per riacciuffare e riflettere diversamente su un motivo, raggiunto sempre per articolati e diversi percorsi e garantendo con ciò una piacevole ridondanza. Momenti ricchi di pathos, effimeri, viaggi teneri ed eterei, preludi di cascate di mattoni in testa, diventano dense pennellate con cui gli Agrimonia disegnano strutture gigantesche e scenari letteralmente sublimi, emotivamente densi ed estremi. Ben amalgamati anche certi vezzi più classici di chitarra mentre le tastiere, ammalianti e incantevoli, vengono completamente private da quella oscena volgarità di tante metal band al femminile; sì, perché per chi non riuscisse proprio ad accorgersene alla voce c’è una donna. Composti nelle accelerazioni, senza slabbrature o facili entusiasmi, e anche quegli stacchi che parrebbero iniziare un po’ legnosi si risolvono poi in maniera brillante. L’unico, piccolo neo di Awaken è la scelta di chiudere con “The Sparrow” che, pur essendo un ottimo brano, tra tutti è il meno riuscito e risulta essere un finale non all’altezza di un album altrimenti perfetto.
Awaken è un album che ti tira per aria e ti fa sognare, variegato, ricchissimo di influenze e interpretato magistralmente. Un preziosissimo campione di ciò che c’è di davvero buono nel metal oggi.
(Southern Lord, 2018)
1.A World Unseen
2.Astray
3.Foreshadowed
4.Awaken
5.Withering
6.The Sparrow