La crescita dell’Islanda nel panorama black metal internazionale negli ultimi dieci anni è ormai un dato di fatto. Tra ricerche sonore fuori dagli schemi tipici e un legame perpetuo con l’atmosfera gelida e affascinante dell’isola, la scena underground della nazione scandinava riesce a garantire continue certezze che non si limitano ai nomi più noti come Svartidauði, Misþyrming e Auðn. In questo contesto i Mannveira hanno avuto un ottimo impatto con l’EP Von er eitur, uscito nel 2014, mostrando delle ottime basi che che solo sette anni dopo, con il loro primo album Vítahringur, hanno avuto modo di maturare. Inizialmente una one-man band, il progetto dal 2015 può contare in una formazione a cinque membri, i quali militano in altre realtà quali 0, Andavald, Naðra e Abominor, e ora finalmente vengono mossi i primi passi sotto queste vesti dopo lo split con gli Ellorsith datato 2016.
L’ascolto è un vortice man mano sempre più criptico, che si sviluppa tra arpeggi occulti e spunti melodici non particolarmente complessi ma degni di nota e sempre posizionati correttamente. Con l’evolversi dei brani la qualità cresce, l’atmosfera diventa più densa e l’ascolto più accattivante e infausto. Rispetto ai connazionali che puntano molto su una proposta convulsa e caotica i Mannveira lo fanno gradualmente, accompagnando l’ascoltatore in un oblio colmato da un’oscurità asfissiante. I cinque brani condensano in 35 minuti di durata totale elementi classici del black metal più recente, tra melodie e arpeggi oscuri, accenni dissonanti e cambi di ritmo, con una buona gestione delle varie parti. I richiami sono diversi, sia ad altre formazioni tra cui – guardando anche all’estero – Deathspell Omega e Schammasch, che al proprio passato, vista la prevedibile affinità tra Vítahringur e Von er eitur. Ascoltando le due produzioni è percepibile un legame, elementi in comune che vengono rivisitati e riproposti sfruttando l’innegabile potenziale a disposizione della band e con un’ottima produzione, dinamica e in grado di rendere ulteriormente fluido l’ascolto, sempre più oscuro e introspettivo.
A voler trovare il pelo nell’uovo evidenziando per forza un difetto dell’album si può dire che questi cinque pezzi non dicono nulla di realmente nuovo nella scena locale, si limitano ad accodarsi ai propri connazionali. Rimangono però intoccati gli indiscutibili mezzi dei Mannveira, che non hanno deluso le aspettative dopo il buon EP di debutto e l’attesa di sette anni tra le due fatiche. Per fare il vero e proprio salto di qualità ci sono ancora delle piccole migliorie da implementare nelle proprie composizioni, ma quella degli islandesi è la strada giusta per esprimere il proprio potenziale. Constatato nuovamente il loro talento, ora la speranza è quella di poter apprezzare il seguito di Vítahringur in tempi brevi, che il progetto non passi in secondo piano rispetto i prevedibili impegni dei musicisti con le altre formazioni.
(Dark Descent Records, 2021)
1. Ópin rjúfa þögnina
2. Í köldum faðmi
3. Vítahringur
4. Framtíðin myrt
5. Kverkatak eilífra martraða