Quinto disco a firma Saor, ormai almeno in sede live non più una one-man band già dalla precedente uscita, anche se il timone creativo resta assolutamente nelle mani del buon Andy Marshall… E, ve lo diciamo subito, un altro centro dopo il precedente Forgotten Paths del 2019.
Il progetto Saor a parere di chi scrive ha sempre sofferto di una produzione non all’altezza, che dava molto spazio a batteria e sezione ritmica a discapito di chitarre e voce, e il mixing finale era spesso un coacervo roboante e bombastico nel quale le melodie erano nascoste da vere e proprie cannonate di batteria. Per fortuna nel tempo si è aggiustato il tiro, e già con il precedente album le cose si erano sistemate a dovere, regalandoci un lavoro intenso ed emotivo. Il qui presente Origins continua su questa buona strada, magari mettendosi un mezzo gradino sotto il predecessore da un punto di vista dei picchi di pathos, ma è solo un dettaglio, un pelo nell’uovo che vogliamo trovare in un album oggettivamente bello. Marshall stavolta ha puntato il focus in maniera decisa sugli aspetti folk del suo Caledonian Metal, e si sente: “Call of the Carnyx”, posta in apertura, ne è un chiaro esempio, un brivido continuo grazie al sapiente uso di strumenti tradizionali come cornamuse, archi e appunto il carnyx (assimilabile, se vogliamo, ad un corno). I tempi, eccezion fatta per alcuni passaggi presenti in alcuni pezzi, si sono un po’ rallentati, e sono emersi rimandi alla NWOBHM riscontrabili soprattutto in certi riff dall’imponente e trascinante melodia. Il black metal caratteristico del progetto non è sparito sia chiaro, semplicemente si è arricchito via via di nuove ed importanti aggiunte. Ma come detto Saor si è sempre distinto per un particolare, un aspetto che lo ha sempre caratterizzato e che lo ha sempre reso distinguibile ovunque. L’etichetta Caledonian Metal è sì se vogliamo una trovata pubblicitaria dell’etichetta, ma non è così distante dalla realtà dei fatti: la musica di Marshall odora di Highlands, di pioggia, fango ed erba, sa essere sprezzante e tagliente come il vento che spazza questi freddi altipiani, ma allo stesso tempo sa scaldare il cuore e sa regalare emozioni non appena, vagando per quelle terre, si svolta l’angolo o non appena il sole decide di illuminare una collina, o una cascatella, o un vecchio rudere. Saor si fa portatore delle antiche tradizioni del popolo scozzese, e le mette in musica con una passione assolutamente non manieristica e per nulla replicabile. E se forse una volta poteva essere attaccato per una mancanza di originalità a livello stilistico ormai anche questa freccia può essere spezzata, vista la varietà di influenze che i Nostri riescono ad inserire in ogni pezzo (in alcuni momenti sembra addirittura di toccare i lidi post-black metal sognanti di Alcest, retracito forse di Forgotten Paths). In generale si concede tantissimo spazio al lato strumentale dei pezzi, con gli inserti vocali presenti (e con in aggiunta le backing vocals della moglie Sophie) ma mai preponderanti, forse perché si cerca di non intaccare la trascinante potenza espressiva che viene ricreata in ogni brano.
Insomma, mettetela come volete ma Origins è un album di grandissimo fascino, forse il primo che, considerando il suo insieme, riesce ad eguagliare quanto fatto in Roots (esordio e a parer di chi scrive ancora apice indiscusso della carriera di Saor). Coinvolgente e trascinante, di sicuro tra i migliori lavori di questo anno: da ascoltare!
(Season of Mist, 2022)
1. Call of the Carnyx
2. Fallen
3. The Ancient Ones
4. Aurora
5. Beyond the Wall
6. Origins