Ultima fatica per il riminese Burla22, che dopo due anni torna a sporcare in maniera gloriosa le nostre orecchie con la complicità della Drown Within Records e di Light Item. Lo stile che da sempre lo contraddistingue in questo disco diventa ancora più estremo, graffiante e oppressivo. Il risultato, Haboob, è un compendio di saturazione che lascia senza fiato.
La title-track si materializza e pone il primo macigno per la cattedrale di rumore che stiamo per attraversare: il campo sonoro è pervaso da una sensazione di occlusione, accompagnato da scariche elettroniche che aprono il percorso a una meravigliosa performance vocale. Brividi. “Gom Jabbar” gioca sulla ripetizione, un loop di voce ci accompagna per quasi tutta la durata del brano insidiato dalle pulsazioni del kick che satura l’aria insieme a una sequenza di basso ruvida come un chiodo arrugginito. In “Lynn” il paesaggio sonoro assume colorazioni diverse, sebbene ugualmente desolanti. Un tappeto di chitarra distorto viene martoriato da una tempesta elettrica, in un moto di oppressione e rilascio che scandisce il mood del brano. “Kokuoh” riapre le danze e de-satura l’aria con scariche di harsh-noise che si dimenano all’interno del tappeto percussivo, invece “Mantram” ci avvicina alla catarsi e ci contamina le orecchie con una intensa ripetizione vocale. La componente più rumorosa, caotica ed eccessiva, a cui Burla ci aveva abituato ritorna in un trittico di esplosione che spazia tra industrial, noise e IDM graffiante che in alcuni momenti ricorda molto lo stile compositivo dello statunitense Lorn (con cui, neanche a farlo apposta, condivide anche il nome di un brano). “Jugghernaut” esprime già nel titolo la sua forma ossessiva e inarrestabile, l’ascoltatore è immerso completamente in un universo sonoro che non conosce riposo, una trance che ha lo stesso sapore di una paralisi del sonno. L’atmosfera si dilata con “Vagare”, un brano che ci avvolge in una texture dronica ben architettata e ci lascia un attimo di riposo dopo l’oblio della saturazione. Chiude il disco la brevissima “Drone”, synthetica e sintetica già nel titolo.
Credo che la qualità compositiva maggiore dell’autore sia nel riuscire a mantenere un equilibrio mai claudicante tra oppressione sonora e puro e semplice groove. Perché, sebbene quasi sepolto dalle texture rumorose e dai synth distorti, la componente percussiva è il fiore all’occhiello di questo lavoro, che è un compendio validissimo di come un album possa tanto sconvolgere/coinvolgere lo stomaco quanto far dondolare la testa a ritmo delle drum machine, organizzate magnificamente. Considero questo lavoro il punto più alto della carriera di Burla, e spero che la sua voglia di ricercare l’oltre-distorto si spinga sempre più in là nelle prossime produzioni.
(Drown Within Records, Light Item, 2022)
1. Haboob
2. Gom Jabbar
3. Lynn
4. Kokuoh
5. Mantram
6. Master Blaster
7. Pioggia Acida
8. Kudraga la fortezza
9. Jugghernaut
10. Vagare
11. Drone