Le scintille creative che portano alla nascita di un progetto possono essere varie: un concept, un tema, una mission, o semplicemente un suono. Ed è proprio questo il caso dei Coffin Birth, nati dalle sperimentazioni dell’onnipresente Marco Mastrobuono (Hour Of Penance, Buffallo Grillz) con il mitico pedale HM-2, quello, per intenderci, delle chitarre a motosega tipiche del death metal svedese di Entombed e At The Gates. Mastrobuono recluta così una line-up di massimo rispetto, quasi un dream team del metallo mortifero, comprendente Giulio Moschini, suo collega negli Hour Of Penance, e Francesco Paoli dei Fleshgod Apocalypse alle chitarre, Frank Calleja dei Beheaded alla voce e Davide Billia alla batteria, che si dà da fare con i già citati Hour Of Penance e Beheaded, militando anche in Antropofagus, Septycal Gorge e molti altri. Il risultato è il l’album d’esordio The Serpent Insignia, pubblicato sul finire del 2018 da Time To Kill Records.
Va da sé che i Coffin Birth suonino death metal ma, a buona ragione, lo fanno in maniera diversa dalle band di provenienza dei vari membri. L’orientamento è quello dell’old school svedese, chiaramente, che ben poco ha in comune con i monoliti del death italiano che ha fatto la fortuna degli Hour Of Penance o dei Fleshgod Apocalypse. Con il suono cambia anche l’approccio, più spoglio e dritto al punto – il brano più lungo dura quattro minuti – e un’attitudine punk che potrebbe riportare ai Benighted più grind. D’altronde non è un caso che Calleja riveda il proprio registro vocale, abbandonando del tutto il growl gutturale dei Beheaded in favore di un ringhio più incazzato. Pur senza un briciolo di sperimentazione la band riesce a congegnare degli ibridi particolarmente azzeccati, come quelli tra atmosfere lugubri tipicamente scandinave e bordate grind (“Throne Of Skulls”, il singolo “The 13th Apostle”), il d-beat di “Christ Infection Jesus Disease” o il death n’ roll di “Red Sky Season” e “The Serpent Insignia”, senza tralasciare le manate senza compromessi (“Sanguinary”). Ad impreziosire il contenuto vi è la forma, ovvero un suono virato sugli alti dell’HM-2, ma proprio della pulizia e della chiarezza mai troppo scintillante che caratterizza l’operato dietro il mixer di Mastrobuono – in parole povere, un’efficace rilettura moderna del suono di cui la band si fa portabandiera.
Quello dei Coffin Birth è quindi un debutto di tutto rispetto, schietto e massiccio, che centra l’obiettivo e che non stanca nemmeno dopo molteplici ascolti. Data la caratura dei musicisti coinvolti e la bontà della proposta, c’è da aspettarsi un futuro di rilievo internazionale per la band, di cui The Serpent Insignia rappresenta un validissimo primo passo.
(Time To Kill Records, 2018)
1. Throne Of Skulls
2. The 13th Apostle
3. Godless Wasteland
4. Red Sky Season
5. Christ Infection Jesus Disease
6. From the Dead to the Dead
7. Casket Ritual
8. Sanguinary
9. The Serpent Insignia
10. Zombie Anarchy