Completamente al di fuori del mero concetto di musica dal vivo (o forse la quintessenza di questa), concettualmente oltre il microverso dell’esibizione musicale tout court, fondamentalmente non musica. La teologia dei bordoni degli americani Sunn O))) si può definire in molte maniere, ma resterà furbescamente un concetto lontano da altrettanti concetti genericamente usuali per aiutare la comprensione di un genere qualsivoglia. Resta però il fatto che dopo il concerto evento al Labirinto della Masone i Sunn sono riusciti ad imprimere indelebilmente l’esperienza live dei bordoni sonori nell’immaginario generale. È dunque a partire dal fastidio esistenziale di essersi persi, per cause maggiori ma non per questo meno tedianti, quell’evento epocale, che non abbiamo aspettato la frazione di un secondo per muoverci verso il TPO a Bologna per poter finalmente capire e godere del respiro di una frequenza.
SUNN O))) + THE SECRET
TPO, Bologna
25/01/2020
THE SECRET
Ad anticipare il rituale sonoro del minimalismo esasperante tocca ai connazionali The Secret, indiscussi leader della deriva black del grindcore promossi mediante la medesima Southern Lord degli americani. Presentatisi con una formazione rinnovata, sostanzialmente bassista promosso a chitarrista e aggiunta di bassista e batterista nuovi di zecca, i nostri propongono sostanzialmente una setlist ben calibrata tra furia e pesantezza, pescando a piene mani a partire da Solve et Coagula fino all’ultimo Lux Tenebris. La scelta dei brani e la sequenza adottata hanno indubbiamente ripagato, risultando in alternanze molto ben bilanciate e pezzi collegati benissimo tra gli stessi fornendo un’idea di continuità compositiva notevole. I pezzi più brevi si innestano efficacemente tra quelli di più elevato minutaggio e i lunghi feedback noise fungono da ottimi punti di collegamento tra un pezzo e l’altro. Nota purtroppo molto dolente, che ha effettivamente inficiato la resa dei friulani, è stata la resa disastrosa dell’impianto. Fischi allucinanti e in quantità esagerata e spesso impasti sonori confusionari e poco definiti, una volta a discapito della voce e un’altra a discapito delle chitarre. Insomma, mancò la fortuna ma non…
SUNN O)))
Arrivati ora a dirimpetto della vera attrazione della serata i tecnici incominciano ad imbastire il palco, già precedentemente preparato con la bellezza di circa 16 testate e relative casse. All’apparire dei primi efflussi di fumo artificiale una cantilena incomincia a venire trasmessa sul palco, lasciando interdetti i più. Dopo un cospicuo continuare di tale introduzione, col fumo che mano a mano riduce progressivamente la visuale, il piano è chiaro: incominciare fin da subito a disorientare e, se possibile, destabilizzare gli spettatori. Finalmente dopo una abbondante mezz’ora ecco che i Sunn O))) fanno la loro comparsa e il celeberrimo riff dall’esasperata lentezza apre le danze. Il volume irrompe violentemente nei timpani dei presenti e i pochi assennati saggiamente scelgono la via dei tappi per evitare danni permanenti per i dB superiori ai 100. Il drone è un genere che si respira, si vive e si sente, poche storie; laddove la musica perde il concetto tonale ecco che i sensi si acuiscono verso la performance visiva, le vibrazioni e ci si concentra su tutt’altro.
A voler essere veramente onesti però chi conosce bene il progetto di O’Malley e Anderson non può non essersi accorto della furbata. Il concerto in soldoni si è basato fondamentalmente sul riff portante di “Aghartha” con poche o nulle aggiunte a questo, che non sono mancate ma sono state decisamente fugaci e quasi evanescenti. Vera perla della serata è stata la performance a circa metà del trombone, con i veri e propri Sunn che giocano invece su una manipolazione sonora più fine e d’accompagnamento (non nuova nemmeno la capacità camaleontica dei nostri che spesso hanno sfornato capolavori più in sincrono con altri artisti che da soli), e quest’ultimo ad imbastire un fine concertino solista che molto sapeva di dark jazz. Chiaro, nihil novi che molti già non abbiano tentato, ma questa divagazione ha saputo offrire un’immagine degli americani diversa, ovvero capaci in fin dei conti di non riproporre sempre il solito teatrino e variare sapientemente.
In conclusione della performance l’aggressione sonora ha ripreso la forma della parte iniziale esasperando le menti di tutti per un altro tempo quasi infinito. Unico tasto dolente della performance, visto che bisogna sempre fare un bilancio ed essere precisini a tutti i costi, è stato il locale in sé. Non che si voglia ora criticare a tutto sprono il TPO, che anzi resta uno dei posti migliori per vivere concerti, specialmente underground, ma purtroppo data la forma dello spazio in sé, rettangolare con notevole sviluppo in profondità, non si rivela essere adeguata per ospitare un evento come quello dei Sunn O))). Il tutto semplicemente facendo una piccola analisi della proposta anti-musicale degli americani, con un suono che perlomeno necessita un qualche minimo trattamento sonoro alle pareti, o ancora meglio un luogo sufficientemente aperto, così da permettere al suono di svilupparsi adeguatamente, con lo sviluppo di fastidiose vibrazioni sonore dovute alla costrizione della location, le quali accentuano la parte dolorosa dei volumi già di per sé pericolosi e comunque piacevolmente evitabili in quanto a contraddizioni.
Per concludere, il concerto è stato più che meritevole, ci si aspettava i Sunn O))) e questi abbiamo avuto, non ci si aspettava chissà che variazione sul tema e quindi su questo siamo rimasti piacevolmente sorpresi. Il locale forse ha provocato lo sballamento esasperante di molti timpani ma poco male, ci si adegua – cavoli poi di chi evita i tappi, detto sinceramente. Ultima nota, prettamente polemica, è il tedio che provoca al sottoscritto il merch dei Sunn, che capisco venda comunque, ma non ci sarebbe dispiaciuto lo sforzo di portare residui dal tour precedente del 2019, e magari più generico o con più scelta. Pace.