Abbandonati i lidi doom/death che avevano caratterizzato gli esordi, i portoghesi Process of Guilt proseguono sulla strada del post-core/sludge già intrapresa con il precedente Fæmin consegnando alle stampe il loro nuovo parto Slaves Beneath The Sun. Di chiara ispirazione Neurosis i Nostri annichiliscono l’ascoltatore con sei tracce caustiche, pesanti, asfissianti, nelle quali non filtra un barlume di luce o speranza. Quasi del tutto privo di parentesi melodiche il quartetto arranca e caracolla sparando bordate dal sapore apocalittico caratterizzate da riff crudi e circolari, una voce roca e abrasiva e una sezione ritmica possente e quadrata. Il risultato? Un po’ altalenante a dire il vero.
Le canzoni, a dire il vero anche ben strutturate e che mettono in luce una chiara conoscenza della materia “post-“, scorrono via senza particolari picchi, con una piattezza di base dovuta probabilmente ad un registro sempre più o meno stabile, scuro e denso come la pece (come genere vuole), ma che, privo com’è di alternanze ritmiche particolari o di parentesi più atmosferiche e melodiche, alla lunga perde di dinamicità e presa. Le sorti del lavoro si rialzano in parte sul finale con “Breathe” e “Host”, due pezzi che sembrano finalmente giocare più sulla varietà di tempi ed atmosfere, lavorando molto anche sul senso di oscura ritualità che caratterizza un po’ tutto il lavoro, con una percezione di imminente catastrofe non dissimile a quella che possiamo trovare in certe cose di scuola Church of Ra.
Non è un lavoro da scartare questo Slaves Beneath The Sun, assolutamente, solo non riesce a emergere particolarmente o a caratterizzarsi nello specifico per qualcosa che gli permetta di essere ricordato. Oltre la sufficienza senza dubbio, ma visti i mezzi dei Process of Guilt e le intuizioni messe in mostra qui e là in alcuni brani è forse lecito aspettarsi qualcosa di più.
(Alma Mater Records, 2022)
1. Demons
2. Scars
3. Victims
4. Slaves
5. Breathe
6. Host