Risalendo ad uno dei motivi fondanti della musica, sicuramente si può affermare quanto essa venga concepita al fine di esprimere un’esigenza, emotiva ed intellettuale, tramite un mezzo artistico, per lo più astratto, che attraverso le sue suggestioni rievoca nell’esecutor e poi nell’ascoltatore dati sentimenti e stati d’animo. E’ dunque possibile asserire anche quanto tale espressione di contenuti possa assumere forme diverse, mantenendo comunque l’intenzione e l’essenza di quanto si voglia esprimere, spostandosi da un involucro formale all’altro. Questa duttilità formale è una caratteristica che si riscontra raramente nel mondo della musica, in particolare nel segmento estremo, e proprio in tale panorama è ad esclusivo uso di una manciata di artisti che riescono a combinare grande spessore espressivo e maestria nell’esposizione dei contenuti, in una forma o nell’altra.
Di tale duttilità sono un esempio tangibile i Primitive Man, trio di Denver, Colorado, che non solo si fregia delle atmosfere più cupe ed asfissianti dell’intero panorama death doom/sludge metal mondiale ma, senza scendere a compromessi, esibisce una dualità fenomenale che affianca release di significativo spessore come l’abissale Caustic (ultimo acclamato full length del 2017), ad opus che risiedono a pieno titolo nell’ambito del migliore harsh noise/drone, come questo Steel Casket che, ancora una volta, conferma la natura duale di una band che da entrambi i fronti, riesce a dischiude senza rimorsi un’oscurità impenetrabile e concreta, derivata da una realtà che nel suo orrore supera qualsiasi finzione.
È con una edizione in vinile che appunto si corona il lascito Steel Casket, demo originariamente uscito il 26 aprile 2018 in formato tape tramite Crown and Throne Ltd. (per gli US) e Tartarus Tape (per l’Europa) e che trova nella rinnovata collaborazione tra le due label il rilascio di un attesissimo formato vinile 12” in data 7 giugno 2019, provvedendo a fornire al pubblico due supporti fisici che stanno a gli antipodi, ognuno con le sue caratteristiche peculiari, ma che in entrambi i casi permettono di vivere un esperienza di pathos sonico unico nel suo genere. Steel Casket segue il flusso creativo iniziato da Caustic, ne scompone gli elementi e li rielabora secondo l’aspetto harsh noise più puro che il trio di Denver ha da esprimere. Tale release nasce, quasi inaspettatamente, il giorno successivo al tracking dell’ultimo iconico full length dei Primitive Man al Flatline Audio, usufruendo di un giorno libero nella schedule dello studio e del sound engineer Dave Otero. Le due tracce di Steel Casket, sviluppate in un totale di 47:17 minuti, scavano dentro paure inconsce e disturbi primordiali, riprendendo l’intenzione della demo del 2013 P//M secondo forme e contenuti, ma che sono magnificati da un comparto tecnico importante non presente in P//M. Difatti gli elementi di finissimo sound design sono frequenti e costituiscono la spina dorsale del disco, sottolineando punti pregevoli come un escursione dinamica enorme dal pianissimo al fortissimo che, subliminalmente, prende in contropiede l’ascoltatore, ritrovandosi completamente in balia di un panorama sonico dilaniante, dissonante ed abissalmente ampio. In “Fear” è notevolissimo il design, probabilmente sviluppato con ripresa binaurale, del ronzio di una insetto che tormenta l’ascolto per un intera sezione del brano, materializzandosi nell’intero spazio sonoro che, in fase avanzata d’ascolto, non solo avvolge completamente il fruitore, ma lo intrappola in un’estasi decadente e perversa che non prende in considerazione la fruibilità del prodotto da parte del novizio e punta dritto all’uso e consumo quanto più lontano possibile dal casual. La persecuzione sonica continua nel secondo capito del disco, “Life of Turmoil”, rappresentando uno spazio sonoro disorientante da cui fioriscono vitree dissonanze e distorsioni temporali quali wow/flutter che levano il terreno sotto i piedi dell’ascoltatore, immettendolo, gradualmente, in un vuoto opprimente dominato da droning il cui timbro è a metà tra il ronzio di uno sciame di cavallette ed il canto ammaliante di una sirena, sviluppando texture ad eventi sonori ora lievi e subliminali, ora decisi ed abrasivi, inducendo ad uno stato di trance meditativa, in cui ogni parvenza di ragione risulta sfocata e priva di significato, ponendo di fronte ad un impietoso e disumano meccanismo ferruginoso che distrugge ogni consapevolezza sotto il suo peso sonico, restituendo nevrotica saturazione sia in termini sonori che comunicativi, dilaniando ogni sistema musicale stabile, qualora si fosse così sprovveduti da aspettarsene anche in minima parte dai Primitive Man di Steel Casket.
Rispecchiando fedelmente la discografia del trio di Denver, Steel Casket richiede un momento di ascolto consapevole e profondo a cui dedicare il dovuto tempo, da ritagliare escludendo, almeno per la durata del disco, le atrocità vissute nelle propria realtà al fine di poterle rivivere inconsciamente in questa release. Le due tracce sono un incubo sonoro ad occhi aperti che, nella sua essenza surreale, durante l’ascolto prende man mano forma inesorabilmente, in maniera intelligente e significativa, fregiando di un ulteriore merito una band sui generis che ad oggi rappresenta una delle realtà di punta del doom/sludge metal, e valicando le labili soglie tra generi e sottogeneri musicali (come spesso adeguatamente accade oggi). I Primitive Man, rimanendo fedeli a se stessi, offrono un’espressione concreta dell’orrore da essi concepito cambiando, a piacimento, forma ma non significato.
(Crown and Throne Ltd., Tartarus Records, 2019)
1. Fear
2. Life of Turmoil