Un mantra ossessivo, lento e inumano risuona in un groviglio di ingranaggi di una vecchia fabbrica di inizio Novecento ormai in disuso da diversi decenni. Le grida, atroci e straziate che riecheggiano schiantandosi contro i muri, rimbalzando come schegge impazzite in un magma denso e impenetrabile che entra nelle narici come petrolio, denso e oleoso, lasciando un senso di soffocamento, dolce e atroce al tempo stesso. Uranium, una misterioso one-man band d’oltreoceano, si presenta sulle scene con una raccolta delle migliori perversioni sonore in un full lenght deliziosamente asfittico.
In Wormboiler l’aria inizia a mancare dopo i primi secondi di ascolto e, via a via, diventa sempre più preziosa e rarefatta. I pochi respiri che si riescono ad esalare, nel denso putridume di macerie da seconda rivoluzione industriale, vengono divelti sistematicamente in apnee sibaritiche e rampanti in vertiginosi spazi metallici, freddi e inospitali. La fame d’aria, di spazi aperti si fa inevitabilmente istinto vitale; la mente, ancora parzialmente lucida, lotta strenuamente contro l’ineluttabile sconfitta, contro l’oblio sbaragliando inutilmente ogni forza a disposizione.
Oltrepassato questo ponte, arriva il buio. Terribile, assordante e silenzioso buio; ma anche suadente, sensuale e invitante. Inebriati dalla mancanza di luce, ci spingiamo verso questo nero eterno, verso il nulla nell’idea che la sconfitta sia ormai l’unica vittoria. Nell’idea che lottare sia per gli stupidi, mentre i cervelluti si lasciano trasportare dalla corrente… e ci si lascia trascinare inermi e senza forze, alla deriva. Il buio oltre il buio.
Nel momento di totale abbandono di ogni timone, nel lasciarsi volontariamente trascinare da una nera corrente catramosa arriva la forza dirompente di Uranium. Arriva come un fulmine (nero anche questo) a ciel sereno, come un’implosione improvvisa: spazio e tempo non sono più grandezze commensurabili, ma concetti atavici, superati. Tempo e spazio sono suppellettili per la memoria del conformismo occidentale ormai in rovina. Spazio e tempo sono disgregati e ricomposti come grottesco scherzo contro la banalità dell’esistenza umana. Rimane solamente un grande caos che recita un mantra antico, eterno che eternamente dura. Rimane solamente un mantra che genera un caos atavico, futuro che eternamente torna.
(Sentient Ruin Laboratories, 2021)
1.Cold Furnace
2.Wormboiler
3.We Deserve Death
4.Nobody Will Ever Miss Me
5.Defeated, I Carry Myself to the Gallows
6.Hate Thyself for the Callous World Cares Not
7.The glorious Void