Numero abbastanza eterogeneo il ventunesimo di Screamature, e primo dell’annata 2023, che spazia tra sonorità veementi e altre più malinconiche ripescando sia lavori usciti nel dicembre del 2022 che alcuni usciti quest’anno. In apertura spazio a un paio di realtà nostrane: i milanesi Leach, che presentano il loro hardcore punk con il demo di debutto, e i biellesi Norse, i quali hanno collaborato con gli statunitensi Abandoncy per uno split a dir poco eclettico. La parte centrale dell’articolo presenta tre sound rocciosi e intransigenti: in primis l’emoviolence dei serbi .minmo, per poi lasciare spazio al blackened hardcore dei giapponesi Poetry of Torch e alla sfacciata unione di grindcore, death metal e crust del progetto solista Proximity Effect, prima di concludere l’articolo con un approccio più emotivo e nostalgico: lo screamo degli statunitensi Catalyst.
Articolo a cura di Antonio Sechi (Leach), Marco Valenti (Norse/Abandoncy), Jacopo Silvestri (.minmo, Catalyst) e Davide Brioschi (Poetry of Torch, Proximity Effect).
Leach > Demo ’22
(Digitale – Autoproduzione)
I Leach da Milano partono a bomba con un demo che mette subito in chiaro quello che la band vuole che si sappia di loro. Demo ’22 è un biglietto da visita, uno di quelli belli, con un’indefinita tonalità di bianco, la raffinata consistenza della carta e persino una filigrana. Citazioni a parte, siamo in presenza di un lavoro breve ma incisivo, in cui la band non ha dubbi, il target è chiaro, fare hardcore con rabbia e potenza, senza artifizi a rendere il tutto posticcio, no qui solo pura rabbia metropolitana si trova, una di quelle rare occasioni in cui dici “ecco, ci siamo, la mia ricerca ha portato dei risultati sperati” perché finalmente sentiamo qualcosa che lascia intuire una scena punk hardcore viva e vibrante di disagio e voglia di urlare. Curioso sicuramente è la scelta dello stile vocale adottato, in quanto una parte bella scatenata e squillante è accompagnata da un cantato che quasi ricorda una dei massimi colossi dell’estremismo sonoro, i Doom. Non perdiamo di vista i Leach, possono fare molto, o almeno lo spero.
Norse/Abandoncy > Split
(10″ – Kono Dischi, Shove Records, Longrail Records, Vina Records, New Knee Records, Tenzenmen Records)
Questo è particolare, una serie di label hanno contribuito alla realizzazione di uno split che definire è un eufemismo. Abbiamo qui un paio di pezzi a testa per gli Abandoncy, un combo di pazzi furiosi alle prese con una sorta di noise decisamente caotico, in cui parlare di musica vera e propria, ma non per questo meno interessante, al contrario, forse è proprio qua che le cose si fanno interessanti. La proposta di questa band prende il concetto dettato dai Sonic Youth e viene portato all’estremo, in cui con gli strumenti si produce un vortice asfissiante in cui le cose all’inizio non sembrano avere una vera e propria direzione, ma ce l’hanno, spetta all’ascoltatore trovarla. Con l’ausilio di soluzioni chitarristiche si arriva a capire maggiormente ciò che si sta ascoltando. Nell’arco di due pezzi è certamente difficile inquadrare questa band, ma sappiamo senza ombra di dubbio che questo cripticismo mette in risalto una qualità compositiva interessante, progetti di questo tipo già ne conosciamo, abbiamo proprio qui in Italia i Catorcio per esempio, ma le cose qui si fanno molto più disperate. Mentre per quanto riguarda i Norse siamo in quello che sembra un curioso connubio di goth rock, hardcore e un sano spirito black ad estremizzare il tutto. Asnche in questo caso non siamo su qualcosa di semplice presa, anche i suoni molto grezzi non aiutano a carpire tutta l’essenza; è musica da ascoltare senza porsi domande e lasciare che questo malessere fatto di frequenze sinistre penetri inesorabile. Un’ottimo ascolto senza dubbio, ma anche ostico sotto certi aspetti.
.minmo > Demo
(Tape – Khya Records)
La scena screamo è florida di nuove realtà a popolarla, ed è questo il caso dei .minmo, formazione serba che ha esordito negli ultimi mesi del 2022 con due demo pubblicate in rapida successione, seconda delle quale è stata pubblicata in cassetta da Khya Records. Questo lavoro offre una prospettiva più ampia sul sound dei Nostri rispetto al predecessore, essendo comunque formato da sette tracce che nella loro rapida successione contribuiscono a un minutaggio totale di circa dieci minuti, che per la violenza della proposta son più che sufficienti per farsi apprezzare e permettono un’ampia visione sulle sonorità della band balcanica. L’impatto grezzo della band balcanica chiama in causa uno screamo unito a emoviolence dall’anima old school, nello stile di altre realtà come Eva Ras, Minaret e мища. L’energia dei pezzi è esplosiva e dalla forte componente emotiva, ed esclusione fatta per la malinconica “anovelaboutatent” non viene lasciato praticamente nessun attimo di respiro. Il marasma sonoro dei .minmo è caotico e sprovveduto, lasciando figurare talvolta delle melodie e delle voci in pulito (“fighterjetsaga” ne è un esempio) ma mantenendo la veemenza in primo piano. Un lavoro schietto e deciso, che fa subito capire di che pasta son fatti i serbi.
Poetry of Torch > Monuments
(Digitale – Autoproduzione)
Un blackened hardcore con più di qualche simpatia per lo screamo quello proposto dai giapponesi Poetry of Torch, che nel loro secondo EP Monuments non risparmiano all’ascoltatore affilatissime carezze di basso e chitarra che più assassine non si può, condendo il tutto con sprazzi di lirismo e distensioni davvero interessanti. In questo senso, la miglior canzone dell’album è senza dubbio “sink into my lust” (ultimamente va di moda mettere i titoli tutti in minuscolo, sta roba non la capisco bene): sventagliate hardcore condite di quell’emo-core raffinato che, sotto sotto, piace anche ai fan degli Immolation e dei Cryptopsy. I tratti intimisti primi-duemila si ritrovano anche nel finale, con una “biased thinking” che unisce sapientemente il cascading più black all’urlato screamo più impenitente. Caotico e violento, ma al contempo raffinato e curatissimo, un ascolto molto breve – otto minuti per cinque tracce – ma davvero consigliato.
Proximity Effect > Psychosis Demo
(Digitale – Autoproduzione)
Lo one-man-project Proximity Effect si descrive come “raw lo-fi” sulla propria pagina bandcamp (da cui lo scovo con l’intento di portarlo alle vostre poco schizzinose orecchie). Definizione che fatico a comprendere, dal momento che l’ultimo – e secondo – lavoro del nostro amico, Psychosis Demo, è un EP di quattro tracce che associa distortissimi riff grindcore a martellanti batterie hardcore, che dall’incedere death metal di “Delusions-Intro” alla violenza crust di “L.O.O. (Lack of Oxygen)” ci accompagnano per la quasi totalità di questo breve ma graffiante lavoro. Si conclude con una cover di “Dam”, antico brano dei System of a Down dal lontano 1995. Il principale contributo del nostro al pezzo sono le massicce distorsioni aggiunte, che rendono la canzone, già di per sé misteriosa, ancora più conturbante. Un buon ascolto se amate la roba rozza e distorta, se vi bastano un paio di riff cazzuti ed ignoranti per inquadrarvi la giornata.
Catalyst > EP 2023
(Tape – Larry Records)
Uno screamo relativamente incontaminato, se non da qualche spunto emo, che punta molto sulla sua componente nostalgica quello dei Catalyst, i quali con questo EP uscito in cassetta tramite Larry Records pubblicano il loro quarto lavoro. I sei brani che compongono questa release non si distinguono per l’originalità, ma va certamente citata la loro accattivante schiettezza, che rende l’ascolto semplice ma efficace. I tocchi disperati e malinconici sono il leitmotiv dell’EP, che nello scorrere fluido dei pezzi provoca un costante magone, tra trame vocali disperate e chitarre che sanno essere sia graffianti che delicate. Dopo l’opener “forget it, I’ll figure it out”, “little strings” è il brano che rimane maggiormente impresso visto il suo approccio semplice ma coinvolgente, che lega bene un cantato tormentato a delle trame di chitarra nostalgiche e a tratti sognanti. L’ascolto continua mettendo sempre in primo piano l’impatto emotivo delle composizioni, il quale poggia le sue fondamenta nella contrapposizione tra la finezza di alcuni passaggi (gli arpeggi di “time spent walking”) e la sensazione di strazio che caratterizza altri (“dried out”). Un EP che senza particolari pretese si fa apprezzare per la sua genuinità.