La band canadese Givre torna sul mercato discografico con Le Cloître, proseguendo il proprio percorso che, per le tematiche trattate, si discosta parecchio dal resto della scena black metal. I Nostri infatti preferiscono approfondire l’aspetto religioso da una visuale diversa, più oggettiva, distaccata, calandosi nei panni di alcuni protagonisti, raccontandone le gesta e la vita. In questo terzo album i sei brani sono tutti incentrati su donne, alcune sante, che hanno speso la propria vita alla ricerca della luce, tra sofferenze, sacrifici, tribolazioni, con testi in prima persona, una scelta stilistica che permette di empatizzare al meglio con le figure di cui sopra. Questa ricerca nelle liriche viene ottimamente accompagnata da una scrittura che prende il black metal, con tutti i suoi clichè, e lo spinge in altre direzioni, a volte epiche, a volte eteree, a volte decadenti, riuscendo nell’impresa di suonare sempre bene.
La traccia iniziale, “Marthe Robin (1902-1981)”, la più lunga del disco, è un caleidoscopio nel quale Jean-Lou David, il leader del combo proveniente dal Québec, riesce a condensare le variegate sfumature che fanno dei Givre un esempio perfetto di come si possa suonare cattivi (e in questo lavoro di cattiveria ce n’è molta) ma al tempo stesso evocativi, flirtando con la disperazione più annichilente che si possa immaginare. La sfuriata a metà brano, che di fatto lo divide in due, ne è un fulgido esempio. Ma ci sono anche tracce più riflessive, se così possiamo definirle visto la sapidità emozionale che permea tutto l’album, come “Sainte Hildegarde de Bingen (1098-1179)”, con una chitarra rockeggiante, siamo nelle paludi limitrofe della new wave, e le voci si fanno da prima suadenti per voi tramutarsi in rantoli che rimandano al triumvirato inglese death/doom Anathema/Paradise Lost/My Dying Bride. In poco più di quaranta minuti riusciamo ad attraccare in tutti i porti del metal estremo, c’è perfino spazio per delle bordate dissonanti smaccatamente moderne, dove la fiamma nera diventa addirittura di facile presa.
Non dico che si canticchiano i brani sotto la doccia (di sangue?) però un pensierino lo si arriva a fare. Un pensiero di sciagura, di totale sconfitta, perché immolarsi per una divinità questo è. Ma prima concediamo il piacere di sprofondare lentamente nelle spirali nero pece dei Givre.
(Eisenwald, 2024)
1. Marthe Robin (1902-1981)
2. Louise du Néant (1639-1694)
3. Sainte Thérèse d’Avila (1515-1582)
4. Marie des Vallées (1590-1656)
5. Sainte Hildegarde de Bingen (1098-1179)
6. Sainte Marguerite de Cortone (1247-1297)