Nel maggio del 2022 siamo rimasti abbastanza folgorati da Unholy, primo full length di IJdelheid (al secolo Ruben Wijlacker dei Grey Aura). Il Nostro ci aveva sorpreso con un’affascinante miscela di dark folk, Americana, Denver Sound, Gothic, wave, jazz umbratile e melodie gitane, e a poco più di un anno di distanza eccolo di nuovo con un nuovo parto discografico, Alas, I Am Morbid!: cosa aspettarci da questo lavoro?
Il “dream folk” coniato da Ruben per il precedente album è ancora una definizione assolutamente valida, anzi se vogliamo ancora più adatta alle sonorità di IJdelheid, che si sono fatte se possibile ancora più fumose, nebbiose e impalpabili: un dark-folk etereo e rarefatto, che a differenza di quanto sentito in Unholy abbandona ogni possibile velleità più “movimentata” per indugiare in atmosfere di pura pace e sospensione dalla realtà, per un disco che sa tanto di alba. Il sole sta per sorgere, il cielo è sgombro dalle nuvole, la campagna tutta intorno è assolutamente silenziosa e immobile e fa ancora freddo, con l’erba bagnata dalla rugiada notturna che è pronta ad accendersi ai primi raggi di sole. Le chitarre riverberano e si inseguono in trame setose e labirintiche, che ancora conservano qualche tratto “gitano” ma che, in linea di massima, sono riconducibili alla tradizione dark folk minimale e alla wave più nostalgica. Gli innesti delle tastiere e degli archi non sono mai troppo invadenti e costituiscono un piacevole e morbido tappeto sul quale danza la voce di Wijlacker; il mood è sempre sognante e malinconico, e sono pochi i momenti nei quali i toni si elevano passando dal minimale a un crescendo più dark sinfonico (qualcosa in “Look At All We Lost!”, in “The Addict”, in “Ultimate Nocturnal Cathedral” e nell’iniziale “Shadows Stretching Out” che per certe cose ci ricorda Sentimentale Jugend dei nostrani Klimt 1918). In altri casi si toccano addirittura territori cari alla dark neoclassica che flirta con il drone e la cupezza di certi innesti tastieristici quasi industrial (tutti elementi spesso comuni a molte band della 4AD): “Witches’ Flight” potrebbe benissimo far parte della colonna sonora di The VVitch tale è la sua forza espressiva e il suo crescendo tra il sacro e l’occulto.
IJdelheid ha spogliato la sua musica di molti tratti interessanti che ci avevano fatto innamorare di Unholy andando a creare un album un po’ più convenzionale se vogliamo, meglio incanalato nella tradizione del dark folk e della dreamwave, ma non per questo meno accattivante. Alas, I Am Morbid! è un’opera essenzialmente notturna e schiva, che si fa avvicinare con circospezione, si fa conoscere piano piano, si fa assaporare con calma, ma sa crescere con il tempo se solo trova terreno fertile nella sensibilità di chi, con pazienza, decide di darle tempo per sciogliersi. Di sicuro si è cercato di andare molto in una direzione più occulta e misteriosa, talvolta anche arcana, terreni questi già calpestati con Unholy ma qui sviscerati con maggiore cura, scelta che a nostro avviso premia questo disco. Ci sentiamo di promuoverlo consci che la proposta di IJdelheid continua ad essere estremamente di nicchia e non per tutti i palati, e ci sentiamo di sostenerlo perché ha saputo conquistarci piano piano, in maniera diversa rispetto al precedente lavoro (più indiretta se vogliamo, ma altrettanto efficace). Ci permettiamo però di darvi un consiglio: dedicatevi ad Alas, I Am Morbid! la sera, quando tutto è più tranquillo ed i vostri sensi sono maggiormente disposti ad aprirsi verso mondi più sognanti ed impalpabili. Vi assicuriamo che questa opera, se ascoltata con il corretto approccio, saprà conquistarvi.
(Onism Productions, 2023)
1. Shadows Stretching Out
2. I Have Summoned Rain Clouds
3. Look At All We Lost!
4. Witches’ Flight
5. The Addict
6. Light and Warmth
7. Ultimate Nocturnal Cathedral
8. Consciousness Reimagined