Dopo il notevole e viscerale album di debutto L’Anno dell’Odio, piombato in redazione come un sasso dal cielo, abbiamo raggiunto gli Hate & Merda per scoprire di più sulla genesi di questo sorprendente esordio e sulla storia della band. I due fiorentini si sono rivelati estremamente disponibili e loquaci, facendoci riflettere sull’entusiasmo che, nonostante tutto, ancora anima certi ambienti underground, in particolare quello toscano, che ultimamente sta regalando davvero tante belle sorprese.
Come è nata la band e come vi siete conosciuti voi due? Cosa vi ha spinto a scegliere un nome cosi forte e diretto?
Unnecessary 2: Ci conosciamo di vista da diversi anni, gravitavamo negli stessi circuiti e c’era rispetto musicale reciproco. Siamo diventati amici con la nascita della label DioDrone e abbiamo iniziato a collaborare per concerti e progetti. Era inevitabile che prima o poi ci decidessimo a suonare insieme, anche se è nato tutto per caso. Il nome è uscito dopo aver comprato un pacco di mutande nel negozio che porta le nostre stesse iniziali, ma è soprattutto un modo per ironizzare su tutto l’odio e tutta la merda che ci è toccato masticare a Firenze in questi ultimi due anni.
Unnecessary 1: Fuori da quel famoso, innominabile store, gli dissi: “HM, Hate & Merda, se un giorno facciamo un gruppo insieme lo vorrei chiamare così”. Eravamo già amici ma ci mancava di suonare insieme, mancava solo quello, così lo abbiamo fatto.
Siete di Firenze, città d’arte per eccellenza. Eppure, nel vostro modo, siete riusciti a dipingere una bella tela pure voi. Che sia anche merito della citata Via Diamante, ammesso che sia un luogo reale?
Unn2: Se fossimo dei pittori saremmo assolutamente dei realisti, e dipingeremmo la nuda e cruda vita vera che vediamo senza metafore e allegorie. E’ più o meno quello che facciamo con gli strumenti. Se facessimo cinema gireremmo solo found footages o snuff movies. Esiste una via Diamante nella vita di tutti, è quel posto dove si va a finire almeno una volta per toccare il fondo. Prima ti disperi, poi la esplori e alla fine ci scendi a patti. Ma ti cambia.
Unn1: Firenze è la città dell’arretratezza artistica e culturale. La sua fama è immobilizzata ad opere di 700 anni fa; soldi facili per l’amministrazione che stronca alla nascita qualsiasi altra attività culturale, attraverso svariati provvedimenti che rendono difficile la manifestazione di forme e contenuti in antitesi alla bella facciata rinascimentale. Anni fa un altro gruppo pesante di Firenze, i La Cuenta, fecero proprio un concept a riguardo (l’abum è La gentilezza del serpente, prima senti i sonagli, dopo arriva il veleno). Per cui il nostro vivere all’interno di questa città influenza la nostra musica. Via Diamante è il malessere privato, intimo, Firenze è il malessere generale. Le nostre suole camminano in queste strade.
L’Anno Dell’Odio trasuda odio e disperazione da tutti i solchi. Perché?
Unn2: Non avrebbe potuto chiamarsi così altrimenti. C’è dentro tutta la nostra frustrazione di questi tempi non facili.
Unn1: Già, tempi difficili, litigi, coltellate sulla schiena, miseria. Ti fermi un attimo e dici: “basta, mandiamo a fare in culo un po’ tante cose, tante dinamiche, tante persone”. Sta riuscendo benissimo, adesso stiamo raccogliendo i semi dell’odio.E’ tutto come da programma, perfetto.
Dopo circa un anno e mezzo dalla vostra nascita siete già un nome forte ed un punto di riferimento nell’ambito sludge italiano. A cosa pensate sia dovuto tutto ciò? E cosa state raccogliendo dal punto di vista discografico e soprattutto in sede live?
Unn2: Siamo molto sorpresi dalla risposta generale e dall’attenzione che il nostro disco ha suscitato. Non ci aspettavamo niente del genere. L’Anno Dell’Odio è uscito per tre etichette indipendenti (Toten Schwan Records, UTU Conspiracy e DioDrone) in una tiratura limitata a 250 copie esclusivamente in vinile, e senza che nessuno di noi o delle nostre labels leccasse il culo a nessuno. Anche se la teoria ufficiale è che in questo momento storico di crisi generale i concerti e la musica in sé hanno perso di attrattiva, la realtà è che esiste ancora una sottocultura di persone e di appassionati attenti ai fermenti sotterranei locali, esattamente come siamo anche noi stessi. La dimensione live è quella che preferiamo comunque, soprattutto in situazioni non strettamente correlate alla dimensione da locale, dove pubblico e gruppo sono sullo stesso piano. Restiamo sempre stupiti che qualcuno possa farsi un’ora di macchina per vederci suonare, forse anche per questo non ci risparmiamo mai e ogni concerto finisce in un bagno di sudore.
Unn1: Accidenti, addirittura siamo un punto di riferimento per lo sludge italiano! Però come mi ha fatto notare un caro amico, devono essere cambiati i canoni per essere un gruppo sludge, dato che non riesco molto a capire quanto sia così manifesto l’aspetto sludge in Hate&Merda, così come in alti gruppi. Credo che il duo abbia avuto un ottimo risultato proprio perché lo vedo come progetto autentico e abbastanza originale, vero. Non mi è mai piaciuto copiare gruppi, posso prendere degli spunti ma proporli con una stilistica mia. Forse i pezzi sono validi, sono suonati in una chiave un po’ diversa dal solito. Non so! I vinili li stiamo vendendo e credo che a breve saranno finiti. Stiamo facendo brani nuovi e li stiamo già proponendo nel nostro live attuale, che per quanto ci riguarda è il punto principale dell’essere gruppo heavy. Siamo cattivi!
A vedervi dal vivo sembrate molto affiatati e probabilmente oggi non avete bisogno di nessun altro; ma pensate che il duo sia l’unica forma attraverso la quale gli Hate & Merda possano esprimersi?
Unn2: Hate&Merda è stata la nostra personale risposta a ciò che rifiutiamo della nostra città e che vediamo intorno a noi, quindi il progetto è inevitabilmente strettamente legato a noi due, ma ci piace l’idea di collaborare ogni tanto con altre persone dallo spirito affine. Al nostro release si è unito alla chitarra Coito Negato (aka Stefano Matteoli, chitarra dei potentissimi Loia) e abbiamo in mente qualche altra comparsata che per adesso preferiamo non svelare.
Unn1: Ci è venuto spontaneo suonare in due perché avevamo da dire qualcosa noi due in quanto persone, ed è più che sufficiente. Tra l’altro trovi dei modi di eseguire i brani in una maniera adattandoti alla possibilità della formazione minimale, sei solo tu e l’altro e te la devi sbrigare in modo che tutto funzioni. Per cui diventa anche ricerca espressiva, oltre che vomitata estatica. Ma collaborare è sempre entusiasmante, perché puoi cambiare il brano e arricchirlo e suonare dal vivo con un ospite per me diventa un momento storico, oltre che a un ricordo indelebile.
La vostra identità è misteriosa, l’immagine che date di voi è sinistra. Come mai avete fatto questa scelta?
Unn2: Abbiamo soltanto coperto le nostre facce con un paio di calze nere. Non volevamo niente di artificioso, solo nascondere la nostra identità in contrapposizione a questi tempi di social, immagine e egomania.
Unn1: Non è importante chi suona ma come suona e cosa suona. Il viso è una parte caratterizzante che non è necessaria. Così come non è necessario il pubblico. Sarebbe bello che ognuno mettesse una calza in faccia e ascoltasse il live. Così diventerebbe pure una cerimonia, un rito, dove tutti siamo inutili al mondo.
Voi siete un fulmine a ciel sereno, sia come proposta musicale sia come attitudine. Cosa ne pensate della scena metal underground italiana?
Unn2: L’underground nostrano, quello vero, da distinguersi dai frustrati che vorrebbero essere famosi ma non lo sono e quindi alzano la bandiera del sottosuolo, è vivo è pulsante e non solo in ambito metal. Loia, Nudist, La Cuenta, Lorø, Symbiosis, Bad Girl, Ornaments, Okhre, Void 00 e nomi più conosciuti come ?Alos, Ovo, Si Non Sedes Is e Marnero rappresentano qualcosa di più di un mero concetto di ‘scena’, ma sono specchio di un’attitudine seria e coerente che stimo molto.
Unn1: In Italia ci sono tanti bellissimi gruppi. Oltre a quelli citati sopra dall’altro innecessario, vedetevi e ascoltatevi i cataloghi delle etichette che hanno contribuito a stampare il vinile: UTU Conspiracy, Dio Drone e Toten Schwan, e i loro relativi bandcamp o siti.
Parliamo un po’ anche di Dio Drone.
Unn2: DioDrone è un’etichetta / collettivo sorta due anni fa con sede a Firenze, ed è nata per riunire sotto un unico tetto un giro di musicisti locali che tendevano a restare isolati per le proprie scelte sonore ma soprattutto per la mancanza di spazi e di ambienti disponibili. Prima di tutto l’idea era quella di creare un territorio comune e spalleggiarsi a vicenda, ma poi sono nate spontaneamente diverse collaborazioni e nuovi progetti. Sono usciti dischi, festival, sonorizzazioni e tantissimi eventi, e pian piano la cosa si è allargata a gruppi di tutta la penisola e non solo.
Unn1: In queste strade intoccabili ma pregne di lacrime puzzolenti credo che Dio Drone come collettivo sia un ottima realtà per la città. Se non è la più estrema di certo è la più interessante. Dovrebbe arrivare di più agli studenti universitari, ma oramai è un partito perso.
Quali programmi avete per il futuro degli Hate & Merda?
Unn 2: Abbiamo ancora una manciata di date prima dell’estate e poi ultimeremo il disco nuovo che è già in lavorazione.
Unn1: Il futuro siamo noi.
Salutate come meglio credete i lettori di Grind On The Road.
Unn 2: Per vivere sani e felici è consigliabile un pellegrinaggio da padre Jaques a Finale Emilia.
Unn1: C’è della Louisiana anche in Italia, con tanto di voodoo per grandi e piccini. Quindi non sognate più gli U.S.