Quando la Go Down Records prese sotto la sua ala protettiva i Pater Nembrot aveva visto giusto. In tutti questi anni la band ha lavorato di cesello per plasmare un suono sì debitore del grunge e dello stoner, imbevuto però di umori estremamente personali.
L’apertura e la chiusura del disco sono affidate a due ballate stralunate che strizzano l’occhio all’intimismo caro a Neil Young. Una solo piano e voce, l’altra con chitarra acustica, le due tracce mostrano un lato inedito della band. Il resto del lavoro è intriso del suono acido e lisergico del gruppo. “Stitch” ci accompagna in un viaggio che dà largo spazio agli strumenti, capaci di delineare sbilenche strutture caleidoscopiche che trovano il climax nell’ottima “Architeuthis”. L’uso della voce è ricercato e per certi versi al limite dell’ intonazione, come si può notare in “El Duende”. La cosa mi ha piacevolmente colpito, riportandomi alla mente quando i norvegesi Motorpsycho proponevano prodezze analoghe nei loro primi lavori. Il viaggio procede portandoci in lidi sempre più heavy psych. “The Rich Kids of Teheran” è un pachiderma che lentamente entra nel cervello facendo godere l’ascoltatore come un riccio. Il suono qui riporta alla mente gli americani Snail, che con il loro proto stoner avevano segnato nei primi anni 90 direttive che non vennero colte e seguite.
Nusun è un lavoro di pregevole fattura che non conosce cedimenti. I brani si susseguono con coesione evidenziando un mood epico ed onirico, reso ancora più siderale e avventuroso grazie al contributo ai synth di Christian Peters direttamente dai Samsara Blues Experiment. Prendete posto: l’astronave per il cosmo sconosciuto è pronta a partire.
(Go Down Records, 2016)
1.Lostman
2.Stitch
3. Architeuthis
4. Young Rite
5. El Duende
6. Overwhelmed
7. Uknap
8. The Rich Kids of Teheran
9. Dead Polygon