Dopo il folgorante e maligno Padmalotus e l’esoterico e psichedelico Teloch abbiamo raggiunto i Nibiru, per cercare di capire come siano riusciti, a distanza di pochi anni dalla loro nascita, a creare un suono così affascinante, fluttuante e personale, affermandosi già notevolmente da un vasto pubblico.
Venite da Torino ed è difficile collegare il vostro sound “rituale” con questa città caotica e industrializzata. Chi sono e come è nato il progetto Nibiru?
Ardath: Torino è una città tutt’altro che fuori da esoterismo, ritualismo e “stregonerie” varie, vi sono luoghi estremamente oscuri, inquietanti, che esprimono dolore, rabbia, violenza e che possono trasportare in tempi ancestrali sicuramente lontani dal fragore industriale banale, conosciuto dalla massa. Ti consiglio di approfondire l’argomento, esistono libri al riguardo molto esplicativi.
Nibiru nasce circa quattro anni fa dalla necessità di liberarsi una volta per tutte dalle squallide linee guida quotidiane, ma senza calcolo, senza uno schema; solo ed esclusivamente libertà, vera libertà espressiva, che può anche destabilizzare, sia l’esecutore sia l’ascoltatore. Quella che cerchiamo di infondere nella nostra musica è una comunione di intenti, una simbiosi che per chi ascolta i nostri lavori o assiste a un nostro rituale live vive oltre ogni schema preconfezionato .
Veniamo tutti da esperienze musicali costrittive o che comunque impedivano un reale approccio incontrollato che ci permettesse di far fluire energie distanti dal consueto; in questo modo sono nati i nostri lavori, in particolare Netrayoni.
Gli ultimi due vostri dischi sono lunghi e straordinari, quanto tempo avete impiegato per scriverli e registrarli?
Ardath: Pochi mesi, ogni brano nasce con una improvvisazione che poi viene maggiormente strutturata, come in Padmalotus, o lasciata per quella che è (Netrayoni). Direi che c’è voluto di più a mixare e masterizzare, le registrazioni sono state fatte live nel nostro tempio, suonando i pezzi all’unisono e inserendo successivamente le parti vocali. In Netrayoni vi sono pezzi nati in un’unica sessione di prove di poche ore, ovvero “Sekhmet” e “Apsara”. Non dimentichiamo però Caosgon, da cui tutto è nato e che racchiude l’essenza e la coerenza che ha portato ai successivi componimenti, lavoro fondamentale e imprescindibile.
I vostri ultimi lavori (in particolare Padmalotus e Teloch) trasportano l’ascoltatore in una dimensione astrale, fatta di rabbia, sacrifici e rituali. In alcuni momenti sembrate l’anello di congiunzione tra la terra primordiale (black metal) e il cielo (drone/doom). Come nascono i vostri brani? E cosa vi spinge a comporli
C. Chertan: Io posso rispondere per quanto riguarda “Teloch”, dato che è il primo lavoro composto in quattro con me alla batteria. Sicuramente tutto nasce da un’esigenza comunicativa interiore che mi spinge ad esprimere l’essenza più intima, oscura ed estrema della mia persona. In “Teloch” siamo riusciti a combinare la ferocia più pura e incontrollata, con parti ambient sinistre, tese e molto disturbanti emotivamente. Il tutto è nato in modo assolutamente spontaneo e senza forzature compositive.
Ardath: Vero, la spontaneità compositiva è stata indispensabile per produrre un pezzo come “Teloch” nonostante i pochi mesi di lavoro con Chertan ed è stata una prova importante di integrazione, coinvolgimento e unione per la nuova line up. Anche Teloch è stato registrato rigorosamente in presa diretta e l’amalgama tra noi è risultata nuovamente esplosiva.
La vostra musica è piena di riferimenti orientali e mistici. Qualcuno di voi è appassionato di queste cose?
Siatris: Io e Ardath siamo interessati ai culti legati alla dea Kaly, in particolare agli aghori ed alle sette Thag, e personalmente anche alla corrente dello Shivaismo tantrico del Kashmir, ma le nostre letture sono state delle più disparate, dai mistici orientali allo zen di Suzuky, da Crowley alla Bhagavad Gita, tutto ciò che ci ispira e ci stimola diventa parte del nostro bagaglio.
La stupenda copertina di Padmalotus è qualcosa di affascinante e maligno, in linea con la musica che c’è dentro. Cosa rappresenta e da chi è stata creata?
Siatris: Immagino che tu ti riferisca alla copertina del cd, perché ora è disponibile anche il vinile ma la copertina è diversa. Sulla cover di Padmalotus, creata da un nostro caro amico, è rappresentato l’androgino Shiva/Shakti che apre il suo terzo occhio ed espelle dal suo corpo un ragno, il tessitore dell’universo, mentre due figure femminili si tagliano la testa, ovvero abbandonano il proprio ego. “Padma” in tibetano significa loto e rappresenta il percorso evolutivo del saggio: il loto nasce nel fango, cresce nell’acqua e apre il proprio fiore nell’aria, così il saggio deve avere i piedi ben piantati a terra, ma la mente libera.
C. Chertan: Io mi sono occupato delle grafiche per la versione in doppio vinile di Padmalotus, utilizzando per la sleeve interna degli scatti fatti da Siatris. Per la preparazione dell’immagine di copertina mi sono basato sulla figura dell’Aghori, che in questo caso è rappresentato fondendo in esso un teschio, per enfatizzare il legame tra lui e il culto della morte. Per l’interno invece ho miscelato tre foto, il particolare di una torre del silenzio, la preparazione di un cadavere che verrà poi dato in pasto agli avvoltoi, e infine proprio un avvoltoio che mangia le carni lacerate di un corpo senza vita. Tutti riferimenti ai culti di cui parlava Siatris. Tengo a precisare che mi piace moltissimo l’artwork della versione in cd, però per la nuova versione in doppio lp abbiamo pensato che una nuova veste grafica sarebbe stata l’ideale.
Immagino che fare musica in Italia comporti enormi sacrifici e tantissima passione per quello che si fa. Siete nati nel 2012 e dopo solo quattro anni avete partorito diversi lavori notevoli. State raccogliendo soddisfazioni?
Siatris: Abbiamo avuto grandissime soddisfazioni, ma come dici giustamente tu, in Italia, questo comporta enormi sacrifici ed un dispendio di energie che non ha pari. Stiamo raccogliendo semplicemente ciò che abbiamo seminato in questi anni, non abbiamo mai calato i pantaloni, quindi non abbiamo mai dato via il c… e questo sembra che dia fastidio a molte persone. Se la cosa da un lato ci fa ridere, dall’altra ci fa capire quanto sia piccola e misera la scena italiana, per non parlare di molti locali che pensano che suoni per “puro e semplice divertimento” e quindi non hai diritto ad alcun tipo di rimborso. Dall’altro lato della medaglia, per fortuna, ci sono gruppi e personaggi con i quali abbiamo trovato grandi affinità e a cui siamo molto legati.
L.C.Chertan: Concordo al 100% con quanto detto da Siatris, e voglio anche aggiungere che alla fine è la tua musica a parlare per te e se stiamo raccogliendo così tanti consensi è grazie a quello che proponiamo. La gente che parla ci sarà sempre ma in definitiva sono i fatti che contano e non le parole. A me queste cose non interessano, vado avanti per la mia strada e basta.
Ardath: Nibiru è ciò che è solo e unicamente perché nel nostro tempio è tutto ciò che esiste in quel momento, l’ intensità emotiva che ci avvolge è purificata da ogni intrusione esterna.
Siete riusciti in un’impresa rara, ovvero salire sul palco del Roadburn 2016. Come sono andate le cose?
Siatris: Un’esperienza unica ed irripetibile, abbiamo parlato con Walter Hoeijmakers (l’organizzatore del festival) il giorno prima del concerto e ci ha spiegato che ha lavorato meticolosamente per poterci far suonare più a lungo di altri gruppi, in modo tale da poterci esprimere al meglio e senza costrizioni di tempo, al posto dei canonici quarantacinque minuti abbiamo avuto a disposizione un’ora e venti minuti..
C. Chertan: Per quanto mi riguarda è stata l’esperienza più intensa e appagante che ho provato fino ad ora come musicista. Il tempo trascorso su quel palco l’ho vissuto come in uno stato di trance, lasciandomi trasportare dalla musica e dal rituale. Confermo, un evento unico e irripetibile.
Ardath: il rituale è riuscito perfettamente, quel giorno e in quell’istante il nostro tempio si è materializzato nel fumo, nel sudore, nel caldo soffocante. Chi era presente è stato parte integrante di Nibiru.
Ancor più recente è il concerto che avete tenuto all’Abbazia di San Bernardino di Genova. Ce ne parlate?
Siatris: Ci siamo voluti confrontare con una realtà affascinante, liberarci da tutti gli schemi e, soprattutto, dai nostri strumenti abituali, per intraprendere un sentiero in bilico tra il dark ambient, il ritualismo puro e il drone. La location, di una bellezza unica, con questo suo riverbero naturale, ha dato vita ad una serata magistrale in compagnia dei Sepulcrum. Presto sarà disponibile il video del concerto sul nostro canale Youtube.
In generale, in che modo cercate di trasportare nella dimensione live la vostra musica?
Ardath: non è descrivibile a parole, solo il vivere quel momento può in qualche modo rappresentare la sensazione di disagio, ma piacevole disagio sia chiaro, che porta noi stessi e l’ ascoltatore in luoghi immortali e distanti da inutili, retoriche regole di vita. Tutti i nostri lavori dal 2012 a oggi sono stati, come già detto, registrati in presa diretta: di conseguenza ogni live è necessariamente un rituale al quale partecipano energie collettive, il nostro approccio non è’ mai cambiato seppure in contesti diversi.
C. Chertan: Vivendo quello che faccio con devozione e sincerità, cercando di comunicare in tutto e per tutto quello che sento, facendomi possedere dalla nostra musica senza filtri di nessun tipo.
Quali sono i progetti futuri dei Nibiru?
Ardath: Siamo appena all’inizio di un percorso, gli importanti riscontri avuti non ci hanno certo quietato, tutt’ altro: entro il 2016 c’è l’intenzione di stampare un nuovo lavoro discografico. Le idee non mancano, l’energia e la malattia di Nibiru neanche, siamo pronti a fare tanto, tanto rumore, anche live ovviamente.
Ci piacerebbe inoltre al più presto stampare il vinile di Netrayoni, a parer mio il nostro lavoro più intenso e piacevolmente destabilizzante.
Salutate come volete i nostri lettori. Grazie.
Ardath: Che Aemeth sia con voi.