Su una band come i Sepultura si son sprecati fiumi di inchiostro e pigiate infinite sulle tastiere. La loro storia è ampiamente conosciuta dalla maggior parte del popolo metallico: possiamo dunque rapidamente andare ad analizzare la loro nuova opera, ossia Metal Messiah, moderna ma sempre legata alle origini.
Chi scrive non è mai stato un grande appassionato della band brasiliana e questo è stato forse uno dei pochi loro album che ha ascoltato interamente. Dopo una prima traccia di apertura (la titletrack), invero abbastanza fiacca, con vocals in pulito tenebrose e poco credibili, inserite in un’atmosfera minacciosa ma poco sviluppata, seguita dalla classica bordata thrash-core, “I Am the Enemy”, incazzata (ma comunque discreta), viene voglia di spegnere tutto. Invece no, è bene perseverare, in quanto l’album si snoda su di una corposa manciata di brani davvero coinvolgenti, che rendono il disco interessante fino alla fine. Ovviamente niente di nuovo sotto al sole, ma i sapori arabeggianti di “Phantom Self”, la sorprendente “Iceberg Dances” (piena di sorprese strumentali e tocchi di classe) o gli echi sinfonici di “Sworn Oath”, il tutto unito a tantissimo groove e parti tecnico/etniche davvero esplosive, rendono l’ascolto gradevolissimo, specie a chi considera la band da buttare dopo l’abbandono dei fratelli Cavalera. Se si aggiungono una sezione ritmica davvero esplosiva (con un Casagrande notevole dietro le pelli) e da un Mr. Kisser ispiratissimo, specie negli assoli, viene fuori il botto.
Anche se qualche brano è sottotono l’album sorprende e porta i Sepultura a dimostrare un’insperata motivazione per andare avanti. Sarebbe stato di giovamento una cura maggiore nei ritornelli, ma nel complesso il lavoro merita di stare in ogni collezione.
(Nuclear Blast, 2017)
1. Machine Messiah
2. I Am the Enemy
3. Phantom Self
4. Alethea
5. Iceberg Dances
6. Sworn Oath
7. Resistance Parasites
8. Silent Violence
9. Vandals Nest
10. Cyber God