Freschi di una riuscita soundtrack (Riverhead) i lupi norvegesi tornano a breve distanza con uno dei loro classici lavori. Chiariamo subito, il termine “classico” ed Ulver non stanno molto bene insieme nella stessa frase, ma con un po’ di mente fine si può vedere oltre questo apparente ossimoro. Da quando sono nati i norvegesi hanno provato un gusto particolare nello stravolgere ogni volta fosse possibile il mondo con uscite sempre più diverse tra di loro, ed eventuali discussioni odierne capeggiate da presunti nostalgici meritano di svanire con la stessa velocità con cui sono nate. Detto ciò introduciamo The Assassination of Julius Caesar, ennesimo parto ben riuscito dei Nostri, che concettualmente si eleva al di sopra degli altri loro lavori; con una nota introduttiva elencante i peggiori casi mediatici che hanno sconvolto questo secolo, gli Ulver rispondono con una proposta elegante e raffinata pur ricollegandosi al peggiore dei tradimenti della storia (vedasi il titolo).
Le coordinate sonore si spostano notevolmente dall’ultimo esperimento ATGCLVLSSCAP, mostrandoci il lato più 80’s della band, un concept musicale basato su un pregiato pop elettronico con la voce di Rygg in primo piano a fare da cantore dolce ed elegante dei disastri di questo mondo. Il tocco sperimentale dei Nostri non manca, ci sono infatti vari passaggi che meritano più di un ascolto per essere apprezzati appieno (notare la presenza del sax di Nick Turner su “Rolling Stone”), ma la direzione generale dei brani segue un percorso stavolta più standardizzato e monotono, adatto comunque al genere di riferimento.
The Assassination of Julius Caesar riconferma gli Ulver come la band per antonomasia che non ha paura a tentare (e riuscire) in generi nuovi, mettersi alla prova e dare anima nuova a stili ormai classificati come antiquati (vedi anche Childhood’s End). Esperimento a ragion del vero non del tutto nuovo (ricordate War of the Roses?) ma non per questo non meno gustoso di quanto già fatto dai lupi che tanto amiamo. Abbiate solo pietà per voi stessi e per una volta (una delle tante) ascoltate senza chiedere all’artista ciò che non è tenuto a darvi.
(House of Mythology, 2017)
1. Nemoralia
2. Rolling Stone
3. So Falls The World
4. Southern Gothic
5. Angelus Novus
6. Transverberation
7. 1969
8. Coming Home