A differenza del mio compagno di redazione e dei suoi amici, molto più pionieri e dediti all’avventura, io per il festival ho affittato una comoda stanza climatizzata a venti minuti dalla location, quindi i nostri risvegli durante questi tre giorni sono stati più “freschi” e meno afosi, ma per l’ultimo giorno comunque traumatico; la mia ragazza si gira e mi dice: “Ma i tuoi vinili?”. In undici secondi mi rivesto, scarpe ai piedi, chiavi della Peugeot in mano e corro giù in strada, c’è già caldo e temo il peggio. Apro il bagagliaio, sono lì, distesi e intatti, la catastrofe è scampata. Per chi non fosse pratico, i vinili in una macchina surriscaldata colano letteralmente.
Torno in camera, preparo i bagagli e ci avviamo per pranzare nel primo cinese che troviamo, due porzioni di spaghetti di riso e tofu stufato e siamo pronti a tornare al Disintegrate your Ignorance Fest.
DOMENICA 06.08.2017
Arriviamo verso le 16:45 avendo già appreso dalla pagina Facebook degli organizzatori che, causa meteo avverso, i concerti vengono spostati all’interno del Benicio Live Gigs, l’area dove nei giorni prima pullulavano punk, metallari, hardcore kids e stand di merchandising è inspiegabilmente deserta, non piove ancora, ma scopriamo che gran parte degli espositori erano ripartiti già la mattina stessa per non tornare più; non molto rassicurante. Purtroppo per noi lo spostamento all’interno dei concerti causa anche un’anticipazione sulla scaletta che ci fa perdere il live dei Restos Humanos, progetto old school death veneto in cui milita la cantante dei Messa e altri volti noti della scena regionale.
MERCY TIERS
Entriamo al Benicio aspettandoci quindi gli Zeit, sapendo che dovevano suonare dopo i deathster veneti, e invece ci ritroviamo i francesi Mercy Tiers, che un po’ ci mandano in confusione (per un’attimo abbiamo addirittura pensato che fossero i Birds in Row).
Purtroppo siamo in pochi ad accoglierli, si respira un’aria di rassegnazione per il clima avverso, ma la formazione non se ne preoccupa e infuria sul palco, tra math, hardcore e punk. Come vuole la tradizione il cantante non imbraccia nessuno strumento, lasciandosi libero di usare l’intero corpo al servizio della sua voce, facendo
ZEIT
Alla fine capisco che non tutto è perduto, si ritorna nelle sala concerti e ad aspettarci c’è la formazione veneziana, è sempre un piacere vederli dal vivo. La loro è una pura visione del mathcore, nel nostro paese sono in pochi a riuscire bene in questo genere, anche se i padrini Converge hanno sempre un discreto seguito. Ci propongono principalmente pezzi del loro nuovo Monument fresco d’uscita, rendendo il loro live abrasivo quanto su album.
MARNERO
Tra un live e l’altro gironzoliamo nell’area esterna chiacchierando con nuovi e vecchi amici, tra i pochi irriducibili dietro alle distro di vinili e stampe. Ad un certo punto guardo il cielo un po’ ingrigito e vedo dalle nuvole scendere una punta direzione terra, si alza un forte vento e inizia a piovere come solo in Veneto sa fare. Cerco di aiutare malamente a coprire le distro proteggendo al contempo la reflex e corriamo al coperto; non saprò mai se quella punta che spuntava dalle nuvole fosse una tromba d’aria. Entrati nella sala live ci sono già i bolognesi sul palco pronti a partire, il cantante è un grande intrattenitore, anche se poteva risparmiarsi di fare il verso a Danno dei Colle. Sarà per il diluvio ma da ora in poi il Benicio si riempie (l’alternativa era rimanere fuori sotto la pioggia battente), ma senza dubbio la formazione italiana vanta un seguito di tutto rispetto sia dentro che fuori la loro città. I pezzi suonati sono quasi tutti estratti dal loro ultimo lavoro, La Malora, finalmente si inizia a vedere movimento anche sotto il palco, con il pubblico che canta e si rende partecipe.
BIRDS IN ROW
Sinceramente non pensavo che la formazione francese avesse tutto questo seguito, anche se sono sotto la iconica Deathwish inc., ma sono sempre felice di sbagliarmi. Anche se chi suona ci crede fino in fondo, se la gente non ti caga sul palco i live sono riusciti a metà, ma non è il caso per i nostri. Il trio non sbaglia un colpo, carica il pubblico che risponde positivamente e si lascia piacevolmente coinvolgere dalla formula hardcore ricca di influenze, catartica e drammatica. A un certo punto viene loro comunicato di avere ancora cinque minuti a disposizione, si guardano fra loro spazientiti commentando in francese, ci abbandonano prima del previsto con un’ultima canzone.
MACABRE
Forse non avranno prodotto tanti album come altri della loro epoca, ma gli squartatori di Chicago sono stati i primi a decidere di non prendersi seriamente e farsi due risate raccontando di Albert Fish e Ted Bundy con un’humor nero che gli ha resi tanto celebri. A causa del palco singolo i gruppi fanno check prima di ogni live, e anche per i Macabre non è da meno, quindi iniziano a fare le prove, ma non si fermano. Il fonico si avvicina al palco dal fondo per chiedere a gesti se andava bene, il cantante fa un cenno e continua a suonare. Conobbi la band nel 2008, erano headliner dell’Obscene Extreme, quando ancora si trattava di un fest prettamente grind. Vederli dal vivo mi ha fatto proprio pensare all’atmosfera del festival ceco, scanzonati, allegri e ironici, con quel tocco di cattivo gusto che strappa più di un sorriso. La scaletta si compone di pezzi da tutti gli album, anticipati da piccole spiegazioni del cantante Nefarious, che ci immerge nel suo fantastico mondo abitato da personaggi assurdi.
SLAPSHOT
Tocca al secondo headliner della serata, probabilmente per alcuni l’unico che valga la pena vedere, icona indiscussa dell’hardcore di Boston. Il pubblico cambia, alcuni rimangono fuori, altri entrano frementi, ci sono tante persone che si fanno posto fra le prime file, si percepisce un certo fremito. Iniziano a suonare e subito il cantante raccoglie su di sé tutti gli sguardi, dopo più di trent’anni sui palchi di tutto il mondo è come fosse a casa sua. Concede spesso il microfono al pubblico che canta insieme a lui, non c’è il rischio che non conoscano i testi e trova anche il tempo di assecondare un bambino su un lato del palco, avvicinandosi scherzoso. Purtroppo il fanciullo non apprezza e corre fra le braccia del padre spaventato, ma forse anche noi a sette anni avremmo avuto la stessa reazione se un omone pieno di tatuaggi alto 1,90 ci avesse guardato.
TAU CROSS
Finalmente il momento che aspettavo, senza togliere niente ai gruppi che li hanno preceduti, ma quando ore prima ho intravisto fra la gente il Barone è stato come reincontrare un vecchio amico, non che lo conoscessi, ma gli Amebix hanno sicuramente segnato la mia crescita personale nel mondo della musica.
Già ascoltati su album, i Tau Cross sono una di quelle all star band che tanto sta andando di voga ultimamente, ovviamente finiti sotto Relapse Record come altri progetti simili, un po’ mi spaventa la cosa, se su disco mi avevano fatto una buona impressione potevano rivelarsi un branco di stanchi svogliati. Mi fiondo subito sotto il palco dove rimarrò per gran parte del tempo a fare foto, iniziano a sistemare cavi e strumentazione, ridono e scherzano fra di loro facendo trapelare un rapporto personale oltre che professionale. Appena iniziano a suonare mi tolgono tutti i dubbi che avevo, Rob Miller è ancora un Frontman carismatico, che traina tutto il resto del gruppo coinvolgendo sopra e sotto il palco, Michel (Away) Langevin sembra un bambino che vuole solo suonare la batteria, passando il tempo a guardarsi intorno e sorridere sotto i suoi capelli brizzolati. Immagino poi che per Jon Misery e Andy Lefton (rispetivamente Misery e War//Plague) non sia vero suonare con due legende viventi come il Barone e Away. Il set è composto principalmente da estratti di “Pillar of Fire”, ma non mancano due pezzi del precedente omonimo del 2015.
I concerti finiscono un po’ più tardi del previsto, ma comunque ci fermiamo a parlare con amici e conoscenti, la pioggia si è già placata ma lascia un piacevole fresco. A conti fatti rimane l’unico festival open space in Italia che coniughi tanti generi così diversi fra loro, ma sicuramente il suo punto forte è la location, magari un po’ fuori mano dalle tipiche rotte dei live in Italia ma quando si arriva nel parco fuori dal Benicio ne vale sicuramente la pena.