Siamo giunti ad una nuova edizione del famoso Never Say Die e si torna a Bologna. Ovviamente noi di GOTR non potevamo mancare a questo evento che ormai è diventato un vero e proprio must del settore. Come sempre tantissime le band presenti nel bill e rispetto all’evento dell’anno passato a Milano la proposta è un pelo più variegata e “morbida”.Lo Zona Roveri è stato teatro di una serata carica e divertente con una buona presenza di pubblico.
NEVER SAY DIE 2017
ZR, Bologna
15 / 11 / 2017
LORNA SHORE – a cura di Andrea Ferri (Exhumed)
Siamo esattamente a metà novembre e fuori comincia a fare freschino. Tutt’altra atmosfera è quella percepita all’interno dello ZR, che i Lorna Shore hanno provveduto velocemente a scaldare innescando subito l’interesse dei presenti. È spettato dunque al quartetto del New Jersey “l’ingrato” compito di dover aprire le danze e dare il via al Never Say Die. Fortunatamente i Nostri per nulla intimoriti hanno dato vita ad uno show degno di nota. Il primo elemento che mi ha colpito sono stati i suoni, nitidi potenti e ben bilanciati sin dall’inizio, questo ha permesso ai Lorna Shore di sfoggiare in tutta la sua magnificenza il loro deathcore ammantato di atmosfere evocative e sinfonie blackeggianti. Il combo americano ha proposto brani significativi da entrambi i dischi favorendo l’ultimo uscito, ovvero Flesh Coffin. La resa dal vivo è stata semplicemente eccezionale, impossibile rimanere indifferenti ad un tale dispiego di potenza e non venire trascinati nei meandri oscuri della musica dei Lorna Shore capace di incantare con alcune ricercate atmosfere litaniche per poi colpire duro con breakdown pesantissimi. Ottima la prova vocale del frontman Tom Barber, capace di passere con estrema disinvoltura da uno screaming luciferino a growl bassi e cavernosi. Che dire, indubbiamente promossi, speriamo di poterli rivedere presto magari qualche gradino più in alto nel running order.
POLARIS – a cura di Nicolò Alfei
Seconda band della serata: stiamo parlando degli australiani Polaris, giovane realtà di Sydney. Dal deathcore ultraviolento dei Lorna Shore quindi si passa ad un metalcore per lo più moderno, tecnico e perché no pure godereccio. La proposta del combo dell’emisfero australe è interessante e coinvolgente e si muovono molto bene sul palco con dimestichezza interagendo con gli spettatori presenti nel club felsineo. La band dà veramente il meglio nelle parti pesanti che però vengono spesso spezzate dai ritornelli melodici ne sono un esempio brani come “Lucid” e “The Remedy”. Il climax della loro performance arriva con gli ultimi due brani che rendono lo ZR una vera e propria bolgia. Un’ottima esibizione che sicuramente il pubblico ha apprezzato. Hanno avuto l’occasione, nonostante il poco tempo di mettersi in mostra e di presentare il loro ultimo lavoro The Mortal Coil, che a giudicare dai presenti, sia stato molto apprezzato. Bisogna segnarsi questo gruppo perché farà strada.
KUBLAI KHAN – a cura di Andrea Ferri (Exhumed)
Cosa aspettarsi dai Kublai Khan? Melodia, tecnicismi, clean vocals? Assolutamente no! Il combo Texano sin dall’inizio della propria carriera ha rifiutato questi fronzoli fregandosene dei trend e sposando nella sua forma più primitiva e brutale il metalcore/hardcore di vecchia scuola tanto caro agli Hatebreed. Inutile dire che l’impatto in sede live è stato semplicemente devastante, i Nostri hanno sciorinato un brano dopo l’altro senza pause o tante chiacchiere coinvolgendo subito il pubblico grazie alla proposta muscolosa e in your face che ha scatenato immediatamente un mosh pit forsennato. Basso esuberante, riff quadrati ed alcune ritmiche scippate al beatdown l’hanno fatta da padroni coinvolgendo gli astanti grazie alla fruibile immediatezza di tale sound, che hainfuocato l’animo di tutti i presenti. Peccato per alcuni problemi tecnici che hanno afflitto ripetutamente lo show, fortunatamente mai gravi e sempre risolti velocemente dagli addetti al palco. Sicuramente i Kublai Khan, non certo conosciuti e famosi come le altre formazioni con cui hanno diviso il palco, avranno conquistato qualche nuovo fan.
SWORN IN – a cura di Nicolò Alfei
Più o meno a metà serata siamo giunti alla proposta musicale dei giovanissimi Sworn In. Il combo a stelle e strisce è di difficile collocazione per quanto riguarda il genere musicale, infatti spaziano tra breakdown violentissimi, riff e cantato in stile nu metal e sfuriate à la Slipknot. Insomma un bel pot-pourri di roba di difficile digestione anche per quelli con gli orizzonti musicali più ampi. Detto ciò il quartetto spara la sua ira sul pubblico grazie all’alternanza di rallentamenti e sfuriate al fulmicotone. Sul palco sono decisi e sicuri di loro, infatti dimostrano una grande esecuzione e perizia tecnica. Tra i pezzi meglio riusciti della loro rapida esibizione sicuramente la opener “Cross My Heart” e la dissonante “Hypocrisy”. Anche loro escono tra gli applausi del pubblico bolognese.
CHELSEA GRIN – a cura di Nicolò Alfei
Tocca a una delle band più attese della serata, i maestri del breakdown Chelsea Grin. Gli americani sono in gran forma e si vede. Iniziano a prendere letteralmente a mazzate il pubblico fin da subito con canzoni potentissime come “Desolation Of Eden” e “Recreant”. I duetti tra il frontman carismatico Alex Koehler e il batterista Pablo Viveros Segura sono perfetti. Ovviamente lo spazio alle melodie è pari a zero e tutti i presenti sono molto soddisfatti tant’è che viene inscenato in mezzo al pit una sorta di canoa con dei vogatori che si muovevano a ritmo di breakdown. Bellissime ed infuocate “Clickbait”, “Skindeep” e “Strung Out”. Giustamente i Nostri hanno pescato a piene mani dalla loro ultima prova, l’ottimo “Self Inflicted”, peccato che il tempo a disposizione sia stato poco, avremmo voluto ascoltarli per più tempo. Sempre divertenti e convincenti.
DEEZ NUTS – a cura di Nicolò Alfei
Prima di arrivare agli headliner tocca ai paladini dell’hardcore più becero ed ignorante, cioè i Deez Nuts. Sono la mosca bianca di questo tour, quelli con la proposta meno violenta dell’intero bill (nonostante la loro ultima opera sia la più cattiva che abbiano mai fatto), ma non hanno certo bisogno di presentazioni. Cosa aspettarci una band del genere in una serata come questa? Ignoranza e maleducazione a volontà ovviamente. I DN si dimostrano essere vere e proprie bestie da palco. Mettono in riga i loro migliori pezzi hardcore rap per scaldare il pubblico in vista degli imminenti Emmure. Pochi i dialoghi con gli astanti, in quanto la band è incentrata a far divertire i presenti e rilassarli un po’. La loro mezz’oretta si conclude abbastanza rapidamente e cedono il passo ai pesi massimi di questa nottata bolognese.
EMMURE – a cura di Andrea Ferri (Exhumed)
Siamo ancora in fase di cambio palco quando il pubblico comincia ad assieparsi nelle prime file sotto il palco in trepidante attesa degli headliner di questo Never Say Die, stiamo parlando degli Emmure, fiore all’occhiello della scena deathcore/metalcore mondiale forti di una line-up piuttosto fresca, dopo che circa un anno fa il buon Frankie Palmieri aveva cacciato tutti i precedenti membri della band, in una sorta di “pulizie di Pasqua interne”. Dopo un rapido soundcheck l’amato/odiato frontman italo-americano fa la sua comparsa sul palco e dà il “la” a quello che si dimostrerà uno show bombastico ed esplosivo. Vengono in primis proposti i pezzi presi dall’ultimo disco, fresco di pubblicazione, tra cui “Natural Born Killer” e “Torch” che ben si prestano all’esecuzione live, per poi incamminarsi in un viaggio nel passato andando a pescare alcuni tra i brani più significativi della discografia dei nostri. Il pubblico è da subito molto coinvolto e decisamente carico, il mosh pit si fa man mano più grande ed acceso coinvolgendo la quasi totalità del locale, si riesce praticamente a percepire nell’aria il calore e l’affetto degli astanti verso gli Emmure, affetto ricambiato delle ottime prestazioni della band e dai costanti complimenti, se vogliamo di rito, fatti da Frankie al pubblico. L’apice dell’esibizione viene raggiunto sul finale, dove il combo del Queens ha sfoderato una micidiale tripletta composta da “Solar Flare Homicide”, “Children Of Cybertron” e “When Keeping It Real Goes Wrong“ . Unico neo la durata dell’esibizione, che doveva essere di 45 minuti, ma che è terminata invece con circa sette minuti di anticipo, senza concedere alcun bis al pubblico che li acclamava a gran voce e gridava “one more song”; considerato il loro ruolo di headliners ci si sarebbe aspettato qualcosina di più. In ogni caso, tutto perfetto, ancora una volta gli Emmure si sono dimostrati vere e proprie bestie da palco concludendo in maniera impeccabile questa bella serata.
E cosi giunge al termine l’edizione 2017 del Never Say Die, un festival che ha saputo conquistare il pubblico sin dalla prima esibizione regalandoci una serata di estremismo sonoro, divertimento ed anche una buona dose di energia positiva; alla fine tutti eravamo stanchi e sudati ma indubbiamente soddisfatti, con un bel ricordo da portare a casa. Grazie anche agli organizzatori ed al locale ZR che hanno reso possibile tutto questo.