Sesta edizione per il Venezia Hardcore, ormai quasi un’istituzione dell’underground italiano ma, possiamo dire, europeo. Per chi scrive, era la prima volta (che, per definizione, non si scorda mai): l’impressione, senza timori di smentita, è stata quella di trovarsi di fronte a un livello organizzativo e di proposta musicale all’altezza – ma in realtà decisamente sopravanzante – a numerose realtà “professionali” all’interno e all’esterno dei confini nazionali. A conferma del radicamento che questo evento ha ormai preso, anche la presenza di decine di veterani dell’hc italico: così il festival si è trasformato, anche, in una sorta di enorme ritrovo in cui vecchie e nuove facce si sono ritrovate o incrociate. Nota davvero lieta, che ha impressionato il sottoscritto, la presenza di tanti giovani e giovanissimi, elemento purtroppo molto raro in buona parte degli altri eventi simili: segno che il Venezia HC, in questo anni, ha saputo ben seminare e coinvolgere diverse fasce di età, sia tra gli organizzatori che tra gli spettatori.
VENEZIA HARDCORE FEST 2018
Centro Sociale Rivolta, Venezia
12/05/2018
Varukers
Abbiamo già accennato alla professionalità organizzativa; merita di essere sottolineato che, invece, il Venezia HC vive e si nutre di volontariato, dell’impegno di decine di ragazzi e ragazze dei collettivi – Venezia Hardcore, Trivel, Youth of Today – che si occupano della messa a punto di tutti i suoi aspetti. Una macchina che possiamo definire perfetta o quasi: negli ampi spazi del Centro Sociale Rivolta, habitat naturale per un certo tipo di proposta artistica, tutto funziona come deve. Decine di band si sono alternate sui due palchi senza soluzione di continuità, un’ampia area merch – con annesso skate park – ha consentito alle centinaia di presenti di buttarsi naso in giù a spulciare nelle numerose distro presenti o di ammirare e farsi ingolosire dal merchandising delle band. Ulteriore nota lieta, la qualità del cibo proposta nel bistrot – l’hanno chiamato proprio così – buono per tutti i palati, dagli onnivori ai vegani.
The Rememberables
Terminata questa doverosa panoramica, passiamo al lato prettamente musicale: gli organizzatori hanno scelto di non lasciare respiro al pubblico, sui due palchi le band si sono alternate senza pause fin da metà pomeriggio, con performance tanto brevi (tra i 20 e i 35 minuti) quanto feroci, che hanno scatenato fin da subito abbondanti dosi di pogo e stage-diving. Tra i primi a esibirsi gli eroi locali Confine, che propongono un hc venato di thrash di taglio abbastanza canonico, capace subito di liberare gli entusiasmi dei presenti. Altre celebrities locali gli storici Oltrezona, attivi fin dal 1999: e l’aura dei nineties si sente eccome, nel loro sound in bilico tra hc, metalcore e incursioni nel nu-metal. Cambiamo palco e, sul Nitepark, si esibiscono i Second Youth, che offrono un punk alcolico molto vicino ai Dropkick Murphys. Assai più muscolari, sull’Open Stage, i World Eater, paladini del New York Hardcore più ortodosso: il pit che scatenano non fa prigionieri.
Oltrezona
World Eater
Sulla stessa falsariga i Coldburn, anche da parte loro venticinque minuti di fuoco. Poco dopo tocca ai finlandesi Foreseen, tanto glaciali sul palco – ad esclusione del glabro vocalist – quanto infuocati sugli strumenti: ormai sopra e sotto il palco il delirio è totale, nonostante la temperatura della sala sia probabilmente vicina ai 50°C (senza esagerare). Stessa faccenda, ahinoi, sull’altro palco, dove tocca ai Bull Brigade, eroi dell’hc-oi! più stradaiolo e stadaiolo (considerata la loro affezione alle tematiche ultras): l’accoglienza che ricevono conferma la stima che si sono guadagnati in, ormai, oltre di dieci anni di attività.
Foreseen
Second Youth
Confine
L’orario avanza e si fanno avanti i pesi massimi. Tra i più attesi, per tanti motivi, i Cripple Bastards, che festeggiano i trenta anni di attività. Molto si è detto e scritto sulla loro (presunta) identità politica, sui testi nichilisti e misogini – ma sarebbe più corretto affermare semplicemente misantropici – di Giulio The Bastard, da anni oggetto di amore/odio da parte dell’underground italico ed europeo. Fatto sta che i Cripple ci sono, e come neanche troppo ironicamente ha scritto la sempre attenta Hardcorella Duemila, l’invito al Venezia HC rappresenta per loro una sorta di “riabilitazione” rispetto a certi ambienti che li avevano negativamente etichettati. Sia come sia, i quattro bastardi sciorinano la solita prestazione da otto in pagella, senza sbavature a esclusione dell’opener “Malato Terminale” che, probabilmente per problemi di volumi sul palco, viaggia su binari diversi tra batteria e resto della band. Ma i Nostri si riprendono subito e il resto della setlist, ormai collaudatissima, scorre via come una coltellata alla gola: “Il tuo amico morto”, “Italia di merda”, “Polizia razza da estinguere”, “Misantropo a senso unico” e altri ormai grandi classici del grind scatenano gli entusiasmi dei presenti, facendo dimenticare qualunque polemica.
Cripple Bastards
The Secret
Ma i più attesi della serata erano i The Secret. I triestini, da quando hanno praticamente cessato le attività circa tre anni fa, hanno lasciato un vuoto tangibile nella musica estrema italiana (e non solo): dopo due dischi fenomenali come Solve et Coagula e Agnus Dei il quartetto sembrava sulla rampa di lancio, e invece è scomparso dalle scene. Si capisce allora come il loro ritorno abbia scatenato gli entusiasmi più genuini. L’apertura del set è affidata, come da tradizione, a “Cross Builder”, e la scaletta procede con la riproposizione di buona parte dei brani di Solve et Coagula, con solo poche incursioni in Agnus Dei come “Geometric Power”, “Post Mortem Nihil Est” e “May God Damn Us All”. Che dire, la band capitanata dal chitarrista Michael Bertoldini si è dimostrata in buona forma nonostante la lunga lontananza dalle scene: e i prossimi concerti in programma nei prossimi mesi in alcuni festival estivi lasciano sperare, nonostante le difficoltà oggettive (Bertoldini vive da qualche anno in Olanda), nella piena ripresa delle attività di una band di cui si sente davvero la mancanza.
The Secret
La nottata si conclude con due band storiche: i Raw Power e gli Integrity. Gli emiliani sciorinano un’ottima performance, con un suono parecchio “core” rispetto al solito esuberante sound metallico, e riescono a confezionare una setlist incendiaria coinvolgendo il pubblico in un’incessante euforia. Attesa ripagata infine per gli Integrity: la band di Cleveland, sebbene strutturi il live con molti brani cadenzati (anche più di uno consecutivo), riesce ad entusiasmare imponendo il loro feroce hardcore pieno di gioie virtuosistiche, frutto dell’ultimo, splendido album Howling, For Nightmare Shall Consume, uno degli highlights del 2017. Un pugno nell’addome ben assestato.
Poco altro da aggiungere: per mille motivi, il Venezia Hardcore si conferma come uno degli appuntamenti imperdibili dell’annata musicale italica.
Raw Power
Fotografie realizzate da Giuseppe Picciotto.