L’album d’esordio del gruppo noise rock tedesco Trigger Cut si potrebbe definire come una vecchia muscle car scassata e rumorosa, ma comunque sempre pronta a regalare grandi emozioni e soprattutto a farsi notare nel bene come nel male. E infatti Buster – titolo che sarebbe dedicato ad un bulldog chiamato appunto “Buster” – con le sue schitarrate che fanno su e giù alternando rallenti e ripartenze improvvise crea dei contrastanti sentimenti di amore e odio che rischiano sul serio di generare presso i cultori del genere più di un dibattito sul reale valore di quest’album.
Ad ogni modo i tre teutonici sembrano avere le idee chiare almeno per quanto riguarda le loro fonti d’ispirazione, tra i quali indichiamo gruppi come i Shellac e Jesus Lizard, puntualmente citati nel base sound minimalista e ripetitivo che non disdegna però incursioni nell’hardcore generando canzoni (per esempio “Free Hugs”) dove tecnica, assoli ed accelerazioni lasciano decisamente il segno.
Insomma Buster è da ascoltare almeno una volta, cercando magari di evitare di farsi prendere dal panico soprattutto quando partono pezzi come “Pony Pony” e “Mute driver”, che malgrado il modo squinternato nel quale vengono eseguiti sembrano proprio dedicati ai fan di band quali Kyuss, Fu Manchu e Rage Against The Machine.
(Token Records,2019)
1.Hellcat Bob
2.Blind
3.Transfer
4.King Of Inks
5.Free Hugs
6.Pony Pony
7.The Miners Are Back
8.Mute Driver
9.I Know She Knows
10.Westworld