Non sarebbe assolutamente azzardato affermare che i Mgła, ovvero uno dei fenomeni più eclatanti del fronte black metal polacco, nel corso della propria attività ormai quasi ventennale abbiano trovato il modo (specialmente dal celeberrimo Exercises in Futility in poi) di imporsi, a ragion veduta, a livello mondiale sull’intero panorama del suddetto genere, quasi rappresentando un epicentro dal quale si sono successivamente diramate istanze fortemente ispirate ad esso (talvolta brillantemente, talvolta fini a sé stesse). Sarebbe anche adeguato ipotizzare quanto il tour europeo della band, iniziato il 3 settembre da Budapest, sarebbe stato un successo clamoroso e trionfalmente accolto dal pubblico anche senza il (quasi) inaspettato rilascio di Age of Excuse, quarto full length dei polacchi, pubblicato esattamente il giorno prima dell’inizio della tournée. Dunque gli ingredienti ci sono tutti per delle date eclatanti, scandite da esibizioni che quasi ininterrottamente prenderanno luogo ogni sera fino al 24 settembre, in quel di Banska Bystrica (SVK), ultima istanza della traversata dei Mgła e del seguito di spessore costituito dalle restanti band che hanno preso parte al tour.
Difatti la Polonia si dimostra ancora una volta rigogliosa per quanto riguarda musica significativa e di spessore, poiché ad affiancare la creatura oggi inarrestabile concepita da M. e Darkside vi sono delle band di assoluto valore quali Martwa Aura, Above Aurora (dall’inizio del tour fino al 12 Settembre) e Dagorath (dal 13 Settembre fino alla fine del tour), mettendo così in piedi un tempio del black metal polacco, che si mostra nella migliore forma auspicabile dagli appassionati del genere.
L’esibizione qui di seguito riportata riguarda uno dei due capitoli italiani della tournée, ovvero quella tenutasi il 7 Settembre al MU di Parma ad opera di Lo-Fi Creatures Events.
MGLA + MARTWA AURA + ABOVE AURORA + MOTHER AUGUSTA
MU, PARMA
07/09/2019
A dischiudere il sipario sulla serata nonché a fare gli onori di casa, eccezionalmente ed esclusivamente per lo show del 7 settembre, sono i parmensi MOTHER AUGUSTA, dediti ad un black atmosferico dalle tinte melanconiche. Sebbene il locale non sia stipato al limite della capienza – come avverrà di fatto in seguito nel corso dell’esibizione degli headliner – la band viene accolta con calore dal pubblico. La performance degli emiliani risulta piuttosto convincente, priva di sbavature e sufficientemente coinvolgente, mostrando una formazione in perfetta forma, in grado di interpretare brani godibili e mai privi di mordente. Sin da questo momento appare palese come, nonostante l’aspetto spartano della location, i suoni siano di buona qualità.
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Above Aurora @ MU, Parma, 07/08/2019
Ad avvicendarsi successivamente sul palco sono gli ABOVE AURORA che condividono con i compagni di tour Martwa Aura il batterista, O.. Autori di un full-length (Onwards Desolation) e di un più recente EP (Path to Ruin) i polacchi iniziamo ad incendiare la serata con il loro black metal pregno di elementi doomeggianti, dando luogo ad un’atmosfera mefitica e plumbea. L’impatto live è annichilente, soprattutto in virtù dell’espressività e della solennità con le quali gli Above Aurora mostrano di saper tenere il palco. Sebbene l’esibizione sia abbastanza breve, la formazione ha modo di dispiegare appieno tutte le proprie potenzialità, risultando peraltro anch’essa notevolmente apprezzata dagli astanti. Speriamo dunque di rivederli presto tanto in studio quanto nuovamente in sede live.
Successivamente, ad infiammare gli animi del pubblico in sala come farebbe della benzina su un fuoco già ben che vivido, sono i MARTWA AURA (forti del recente split Credo in Mortem), distaccandosi dal segmento peculiare del black metal moderno inteso alla maniera della band a cui fanno, comunque coerentemente, da supporto, proponendo un aspetto del genere che guarda anche alla tradizione, istituendo un ministero infernale fatto di luci rosse e tipico (forse leggermente antiquato e fine a sé stesso) corpse painting, da cui svetta il cantante Gregor, un enorme polacco con il physique du rôle da inchiodatore di bare il cui stile di vocals è ottimamente equilibrato tra la maniera di Abbath ed una tecnica di distorsione vocale piuttosto personale adoperata sul registro medio, spingendo dunque una significativa quantità di aria ed odio sul microfono. Sul trend di negazione della comunicazione tra band e pubblico, al fine di affidare l’espressione artistica interamente all’aspetto propriamente musicale adottato dai Mgła (ed oggi, anch’esso, preso ad esempio da molti) anche i Martwa Aura si dimostrano poco loquaci. Lo show messo in piedi è di grande spessore artistico, che però si caratterizza di alti e bassi, con diversi momenti entusiasmanti come quelli segnati da del furioso blast beat e/o da linee di chitarra ora ammalianti ed oscure, ora letali e subdole come una serie di coltellate alla schiena, in contrapposizione ad alcuni aspetti da curare maggiormente come il mood del bassista, oscillante tra stanchezza e mancanza di entusiasmo. Quella dei Martwa Aura è comunque un esibizione assolutamente all’altezza dell’evenienza, complice anche una favorevole gestione dei suoni e del palco da parte sia dello staff che della band, stage che viene tenuto con disinvoltura dalla maggior parte dei membri della suddetta, che complessivamente ha senza dubbio meritato il ruolo assegnatogli durante questo tour europeo.
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Mgła @ MU, Parma, 07/08/2019 – Immagine per gentile concessione di Giulia Ciampalini
Finita l’esibizione dei Martwa Aura, senza alcuna titubanza, una buona parte del pubblico mantiene ineluttabilmente la posizione, o avanza verso i piedi del palco, sacrificando dei minuti di preziosa aria e magari un ennesimo drink di supporto, in favore di una posizione privilegiata durante il successivo set, mostrando dunque una fedeltà importante nei confronti dei polacchi che calcheranno il palco da li a poco, quest’ultimi attesi dunque in maniera piuttosto trepidante da tutti i presenti. Non passa molto dunque affinché i vari stage hand dispongano il palco per l’esibizione dei MGŁA, svelando da sotto un telo infine il vistoso e curatissimo drumkit di Darkside, che già di per sé rappresenta uno spettacolo nonché fondamentale elemento della scenografia, che resta comunque assolutamente minimale. Successivamente si è proposto dunque uno dei momenti più curiosi dell’intera serata, ovvero il soundcheck, a volto scoperto, della band, che rimarca la volontà dei quattro polacchi di aver adottato un immagine a volto celato non tanto per secretare le identità, quanto per scelta principalmente artistica che mira a dare ancora più rilevanza e suggestione alla musica ed al mood complessivo dell’esperienza proposta con la loro esibizione. Il soundcheck avviene riducendo al minimo il tempo dello stesso e le interazioni dentro e fuori il palco, così come quanto viene comunicato al microfono, come a volere preservare in maniera piuttosto avida la presenza e la musica dei quattro musicisti, centellinando anche questo aspetto con cura. Nel frattempo un sample di vento viene lasciato in play per quasi tutta la durata del soundcheck ed, ad oltranza, fino all’inizio dell’esibizione vera a propria, diventando un loop anche piuttosto alienante ma comunque non fuori luogo.
La band sale sul palco dopo, coerentemente, aver fatto lavorare la macchina del fumo a pieno regime per un po, e come da prassi l’esibizione inizia senza alcun preambolo o interazione, ed una delle svariate peculiarità che rende lo show unico nel suo genere sta appunto in quella tangibile sensazione di unione e complicità che si instaura tra pubblico e band per tutto il set, dimostrando quanto, ad oggi, gli stereotipati dettami dello show metal (estremo e non) siano assolutamente facoltativi, ed una tipica interazione tra palco e pubblico sia un opzione valida tanto quanto del significativo silenzio o, contestualizzando questo caso specifico, sarebbe stata assolutamente superflua. In termini di adeguatezza si distingue anche il pubblico che vive lo show rispondendo con assoluto entusiasmo che, giustamente, non è sfociato in alcun mosh e dimostrazioni che in questa istanza sarebbero state assolutamente fini a se stesse. Dando un’occhiata ai volti degli astanti traspare un grande pathos, un’attenzione avida per ogni atto della band. Tale coinvolgimento suggerisce che ognuno stia vivendo il proprio concerto personale, come se lo spettacolo prendesse luogo su un palco individuale allestito singolarmente per ognuno dei presenti. Di certo la suggestione è un aspetto particolarmente curato dalla band, dalla austera presenza scenica alle luci, più luminose di quanto ci si possa aspettare. Il set inizia, e per gran parte continua, con i brani più emblematici di Exercises in Futility, i cui versi vengono, chiaramente, urlate dalla maggioranza del pubblico, che si dimostra assolutamente non casuale e totalmente consapevole dell’esibizione a cui sta assistendo, oltretutto urlando anche qualche verso dei brani di Age of Excuse, dando quindi prova di quanto diversi astanti abbiano già usurato il pulsante play della versione digitale dell’album in meno di una settimana dall’uscita ufficiale dello stesso. Il repertorio ha incluso anche dei brani da With Hearts Toward None e Mdłości, eseguiti anch’essi dalla band con immensa intensità e concretezza, settando l’intera serata ad un livello altissimo, dimostrando che ogni membro della band, in antitesi a quanto si potrebbe pensare, vive, dentro e fuori il palco, di una sinergia palpabile, che sorge dagli impeccabili e spettacolari movimenti ritmici, ma peculiarmente melodici, di Darkside e si dirama ad ogni altro elemento di una band impeccabile e sui generis, che si dimostra, ancora una volta, anche live, un fenomeno artistico di inequivocabile spessore che accumula a man bassa meriti, eccellenze e successi come poche altre.
Al termine delle esibizioni, inevitabilmente, si tirano le somme di quanto vissuto durante le precedenti ore, passando dunque a pieni voti il trial-by-fire (per organizzazione, band, ma anche per pubblico), imposto da un evento impegnativo e di assoluto spessore che ha mostrato il lato dell’”underground” che ci piace, quello più autentico e dallo spirito incrollabile, che ha avuto (ed ha indiscutibilmente) voglia di farsi sentire mettendosi in gioco e, nell’alchimia dei suoi elementi, ha marchiato a fuoco nella memoria dei presenti un ricordo che non andrà via e che, per tutte le ragioni sopra citate, induce spontaneamente alla propensione più sincera di voler vivere e rivivere con regolarità momenti del genere, in una appassionata ed unica simbiosi che solo chi vi è dentro può saper descrivere.
Report by Martino Razza & Costanza Marsella