Da un viaggio verso gli inferi di sicuro non ci saremmo mai aspettati di iniziarlo in scioltezza. Ad accoglierci sull’autostrada slovena è infatti un incidente apocalittico che ci ha costretti ad arrivare all’Orto Bar in netto ritardo e a DAGORATH finiti; il tempo di respirare e i polacchi MARTWA AURA sono pronti a partire. Che dire, la band black metal tiene botta, complice anche il locale già discretamente pieno. La performance prosegue senza intoppi, propinando al famelico pubblico musica poco sperimentale ma dritta al punto, con qualche spunto vagamente mistico e melodico ma non perfettamente definibile nel contesto: la presenza scenica solenne e il trucco-parrucco completano il pacchetto. Niente male, una buona band di supporto perfetta per scaldare l’atmosfera in attesa del main event della serata, ma non più di questo. Il cambio palco è già sintomatico: la crew dei MGLA trasmette già il mood della band, della musica e del pensiero che veicola. Fra i roadie non vola una mosca, nemmeno l’ombra di un sorriso, la solennità della situazione è vivida e palpabile e, dopo un rapido line check da parte della band stessa, calano i passamontagna ed è tempo di soffrire. In barba alle tendenze, i Mgla partono scaricando sul pubblico parte di Exercies In Futility, With Hearts Toward None e Mdlosci prima di procedere con due brani dal loro ultimo lavoro Age Of Excuse, con una resa uniforme in fatto di potenza e atmosfera, prima di tuffarsi in una sorta di encore con la mitologica “Exercise In Futility VI” e “V” a fare da outro. Raramente mi sono trovato davanti una band così emotivamente logorante: ogni riff, ogni verso ed ogni espressione sono mezzo di dolore e una continua sferzata sui sentimenti. Il mood è unico e l’atmosfera glaciale: fin dal primo momento è stato come avere la tundra sotto la pelle, la stessa identica sensazione avuta la prima volta che ho avuto l’onore di veder i Mgla esibirsi. Nella scelta di colori azzeccata, nell’intensità totalizzante e nella profondità delle liriche di questa band, credo di aver perso l’ultima traccia di anima che mi rimaneva. Finito il concerto, lasciare la venue ha avuto qualcosa di alieno; tornare alla realtà è stato più strano del normale. Nella speranza di trasmettervi quanto successo, vi lascio alla photogallery, volutamente più sanguigna possibile, dritta al cuore della situazione.