Almyrkvi e The Ruins of Beverast sono due realtà di spicco per il black metal europeo. I primi, attivi dal 2013, hanno pubblicato nel 2017 il loro primo full-length Umbra, lasciando subito un segno indelebile nella scena islandese, di cui si sono immediatamente diventati uno dei migliori esponenti. Dietro al nome si celano due musicisti conosciuti, Garðar S. Jónsson e Bjarni Einarsson, entrambi attivi con Sinmara e Slidhr, mentre Einarsson è anche parte dei Wormlust. La loro esperienza, unita alla capacità di ricreare atmosfere oscure e spiazzanti porta alla proposta della loro band, un black metal atmosferico che non nasconde diverse influenze la cui aspirazione è l’avvicinamento al lato più tenebroso del cosmo. Dall’altra parte, abbiamo la creazione di Alexander von Meilenwald, che dal 2003 si è fatto conoscere con lavori notevoli, eterogenei tra di loro ma accomunati dalle medesime brillanti intuizioni, all’insegna di un connubio tra oscurità e introspezione, con un pizzico di aggressività o psichedelia, in base alla produzione.
Il progetto tedesco si era già fatto sentire quest’anno con lo split Don’t Walk on the Mass Graves rilasciato insieme ai Mourning Beloveth, e a due mesi di distanza torna subito a rilasciare nuova musica, con quest’altro split insieme alla band islandese. Uscito il 29 maggio per Ván Records, il lavoro contiene due inediti per band, che pur esponendo due visioni distinte del black metal riescono a legarsi al meglio in un ascolto evocativo e solido.
L’incipit è dato da “Asomatus Grove” degli Almyrkvi, brano che continua direttamente da dove si era concluso il suddetto Umbra. Atmosfere imponenti, che descrivono l’elegante e solenne fascino del cosmo, riprendendo l’accezione più atmosferica e melodica della proposta, che non lascia comunque nessuno spiraglio di luce, solo l’inesorabile oscurità. Continua a testa bassa su questo percorso, con qualche segno di maggiore aggressività, anche la seguente “Managarmr”, i cui ritmi cadenzati e decadenti rimandano al doom più maligno, aspetto che rimarrà presente anche nella seconda metà dello split, quella dedicata a The Ruins of Beverast.
Anche in questo caso i brani sembrano una naturale evoluzione dall’ultimo disco del progetto, Exuvia, con un occhio di riguardo per tematiche che continuano a guardare verso l’immensità dell’universo. Un sound ritualistico ed essenziale si mette in mostra in “The Gran Nebula Pulse”, mantenendo intatte le sensazioni dei precedenti pezzi. Il suo crescendo porta all’inquieta “Hunters”, che si dimostra subito diretta con un esplosivo midtempo e una rabbia che richiama le origini della one-man band.
Lo split album in questione ci offre due pregevoli conferme da parte di due realtà che già hanno ottenuto molti apprezzamenti. Da una parte gli Almyrkvi non si fermano al monumentale album di debutto ma continuano imperterriti il loro viaggio verso gli astri più tetri e irraggiungibili, alzando così le speranze anche per i successivi lavori. Dall’altra, The Ruins of Beverast rimane in pianta stabile tra i progetti black metal di maggior rilievo nella scena europea, e qui dimostra nuovamente di saper incastonare al meglio elementi eterogenei tra di loro, continuando il suo percorso che vede diverse diversificazioni, mai notevoli, ma sempre capaci di rendere al meglio nel proprio contesto.
(Ván Records, 2020)
1. Almyrkvi – Asomatous Grove
2. Almyrkvi – Managarmr
3. The Ruins of Beverast – The Grand Nebula Pulse
4. The Ruins of Beverast – Hunters