Uscito verso la fine del 2020, il nuovo EP degli Zeal & Ardor può essere considerato un vero e proprio scatto fotografico sull’infausto anno appena passato, non tanto per la questione pandemica ma per l’agghiacciante morte di George Floyd per mano delle autorità. I sette brani che compongono l’opera sono una presa di posizione da parte di Manuel Gagneux a favore del movimento Black Lives Matter, lo si intuisce subito dall’iconico artwork dell’EP che mostra due manganelli atti a formare una croce rovesciata.
Parlando di musica, possiamo dire che a due anni da Stranger Fruit ritroviamo gli Zeal & Ardor ancora molto ispirati, ed attraverso queste poche canzoni riescono ancora una volta a mostrarci tutte le sfumature della loro arte musicale, che, come sappiamo bene miscela il metal al gospel, fino alla musica etnica.
Si parte con pochi tasti di pianoforte e la calda voce di Manuel; “Vigil” è un brano che sembra una candela di conforto, scalda l’animo, rimane controllata, ti coccola con il coro gospel e poi si apre grazie all’uso intelligente di elettronica e percussioni. Il testo ci fa entrare subito nel mood del disco con parole che colpiscono duro: “I can’t breathe, it’s a cellphone / Please don’t shoot, I need to get home / I’m on my knees begging please” e che ritroveremo poi nel brano “I Can’t Breathe”. I toni abrasivi e feroci non tardano ad arrivare, all’interno dell’opera ne possiamo contare almeno tre: “Tuskegee” e “At The Seams” soffocano con le loro chitare taglienti e distorte, i blast beat scaricano sull’ascoltatore migliaia di bpm fino a quando la voce di Gagneux non decide di darci tregua con qualche secondo di pura melodia. Un’escamotage che funziona e che gli Zeal & Ardor hanno già sfruttato in passato. Il terzo brano che segue la via del metal è “Trust No One”: qui, invece, il muro di suono viene alternato a momenti di vera predicazione, Manuel Gagneux prende le sembianze di un pastore adibito a sferzare la folla con il contributo di un coro infuocato.
Insieme ad una produzione con suoni puliti – nel loro essere distorti – i brani riescono ad essere digeribili anche ai fruitori di rock alternativo meno affini al black metal al quale il gruppo attinge a piene mani. Se consideriamo “I Can’t Breathe” una sorta di reprise del primo brano, dove vengono ripetuti gli stessi concetti ma con una estetica più industrial , rimane da segnalare il fiore all’occhiello di questo EP ovvero “Wake of a Nation”. Il brano con cui si conclude l’opera giganteggia in confronto ai sei precedenti: il clima si fa veramente rovente, non attraverso le chitarre, ma attraverso le percussioni, le voci e l’elettronica.
Un brano quasi primordiale, etnico, industriale, uno sfogo necessario per parlare degli Stati Uniti odierni, l’ennesima sfumatura musicale che ci mostra ancora una volta quanto siano poco etichettabili gli Zeal & Ardor e quante cose interessanti abbiano da dire.
(Autoproduzione, 2020)
1. Vigil
2. Tuskegee
3. At the Seams
4. I Can’t Breathe
5. Trust No One
6. Wake of a Nation