Torniamo indietro di qualche mese e ripeschiamo dal cassetto un album black metal dal sapore, per certi aspetti, nostalgico. Stiamo parlando di Into The Depths degli Stiriah, gruppo teutonico con già diversi lavori alle spalle. Questa nuova opera è composta da cinque brani dalla durata media di poco superiore agli 8 minuti. Per intenderci il brano più breve tocca i sei minuti. Non perdiamo altro tempo ed immergiamoci in questo calderone incandescente di black metal primordiale che promette dannatamente bene.
Fin dalle prime note di “The Water” l’approccio dei tedeschi è ruvido e brutale in maniera ortodossa come vuole il loro genere di riferimento e, a differenza di altri gruppi, il concentrato micidiale di suoni oscuri prosegue incessantemente con le altre canzoni creando atmosfere lugubri e sinistre. La seconda traccia intitolata “The Sun”, la quale supera i 9 minuti, lascia quasi di stucco per la precisione musicale, la batteria incessante e i latrati del cantante. Senza dubbio l’episodio migliore di tutto il disco. Oltre alla furia cieca di indiscussa qualità con la quale picchiano i Nostri, apprezziamo molto la cura ai particolare per creare atmosfere tetre. Lo stratagemma usato è quello degli arpeggi di chitarra molto effettati in grado di creare atmosfere sulfuree. Tutto questo è sinonimo di grande coesione all’interno del complesso, anche perché non è assolutamente facile pensare alle strutture claustrofobiche e vertiginose che sono presenti in questo Into The Depths se non fosse altrimenti. Ci vorremmo soffermare anche sulla prestazione canora del frontman: una prova maiuscola senza sbavature in grado di interpretare perfettamente lo stile del brano e tradurre le emozioni musicali in parole e scream al vetriolo. Come concludere al meglio un disco già di per sé ottimo? Con “The Flesh”: incipit con campane che suonano a morto, forse un po’ kitsch, ma sempre bello da sentire, parti lente e ipnotiche che entrano prepotentemente nel cranio che lasciano il passo a schitarrate frenetiche sorrette incessantemente da blast beat e a un tappeto di doppio pedale. Emozionante la parte centrale con gelidi arpeggi di chitarra acustica interrotti dai tremolo picking delle chitarre elettriche e dalla scalpitante batteria, per non parlare poi del finale con le voci femminili di un coro quasi sofferente.
A fine ascolto quasi dispiace lasciare questo Into The Depths, che pare volato via nonostante la lunga durata e lascia l’ascoltatore con una gran voglia di proseguire. Dopo il lavoro precedente dal titolo Aurora gli Stiriah hanno fatto un ulteriore passo avanti alzando l’asticella qualitativa: promossi a pieni voti. Si tratta senza ombra di dubbio una band da tenere sotto controllo perché possono regalarci davvero tante emozioni, quindi andate a recuperare questo disco.
(Autoproduzione, 2020)
1. The Water
2. The Sun
3. The Light Bearer
4. The Darkness
5. The Flesh