Il duo svizzero Borgne raggiunge la tredicesima release intitolata Temps Morts, che si inserisce in una discografia d’eccellenza, inaugurata nel 1998 e che ha fatto guadagnare alla combo elvetica un posto tra i nomi significativi del panorama industrial black metal europeo (ma anche mondiale). Il suddetto album, dovizioso sia nel minutaggio che nei contenuti, è stato pubblicato dalla label francese Les Acteurs de l’Ombre Productions il 21 maggio 2021, in dei curatissimi formati digital/CD digipak, doppio LP e tape, rinnovando così la collaborazione con la band iniziata nel 2020 con il precedente ottimo album Y.
Che sia per la notevolissima esperienza accumulata negli anni, o per la volontà di restare fedeli soltanto a se stessi, i Borgne di Temps Morts tracciano una strada a sé stante rispetto anche a gli stessi stilemi dell’industrial metal, non tanto esteticamente (piuttosto ricalcando l’estetica del genere), quanto formalmente, partendo da un organico strumentale estremamente sintetico, per arrivare ad una composizione che si caratterizza di una formula tanto unica quanto attuata con estrema agilità, che in qualsiasi scelta del disco sembra andare a colpo sicuro, sicuramente anche grazie alla suddetta maturità raggiunta già da molto tempo ed evidentemente curata negli anni, oltre che in continuo sviluppo. La disinvoltura compositiva e creativa dei Borgne si evince per tutti i circa 70 minuti dell’album, distribuiti su 9 tracce piuttosto eterogenee tra loro, ma comunque particolarmente coese in termini espressivi. La poliedricità dell’invenzione è evidente già a partire dai titoli e dalle lyrics delle tracce, che per 2/9 sono in francese e per la restante parte in inglese, esponendo una ripartizione linguistica inusuale, ma che all’atto pratico risulta ben congegnata e dona un ulteriore valore aggiunto ad un disco che si caratterizza di molti tratti tanto singolari quanto brillanti. Formalmente la formula compositiva dei Borgne è unica nel suo genere, brillando particolarmente per vastità della copertura delle diverse espressioni, che ora risultano atmosferiche, ora decadenti e fatali (alla doom metal maniera), ora furiose e punitive, riuscendo comunque a tessere una commistione di stilemi e di suggestioni tanto varia quanto impeccabile, risultando proprio quest’ultima il perno dell’invenzione musicale del duo svizzero. Temps Morts riesce ad essere estremamente coeso e coerente sotto ogni aspetto anche grazie alla centralizzazione dell’idea musicale, sviluppata principalmente dalla mastermind della band Bornyhake che fornisce al disco vocals, corde, elettronica e tutto il resto della musica, mentre l’apporto alle tastiere è ad opera di Lady Kaos e seppure gli elementi strumentali in mano ad essa siano minori in numero rispetto a quelli del compagno di band, non sono di certo inferiori in termini di rilevanza nella formula dei Borgne, poiché quest’ultima è estremamente caratterizzata da synth e tastiere, che risultano ricoprire il ruolo espositivo, nonché di lead, che potrebbero ricoprire le chitarre in una band black metal più convenzionale, dunque avendo estrema rilevanza nella composizione. Le parti della tastierista sono sviluppate con un gusto eccezionale ed estremamente coerente con l’estetica oscura, violenta e perseguitante del disco. I movimenti camaleontici di synth vivono in simbiosi con la drum machine, che risulta essere un altro elemento portante del disco, che affida alla macchina l’interno comparto percussivo, ripartendolo oltretutto in due sezioni: la prima propria del black metal, con un set di suoni che simulano una batteria acustica, sulla quale vengono programmati ed eseguiti effettivi pattern di batteria, che non di rado però sfociano in blast beat surreali, dalla precisione e potenza volutamente lontani dall’esecuzione umana, risultando oltre i limiti dell’estremo previsti dallo stesso black metal, dunque arrivando nell’ambito delle macchine, proprio dell’industrial metal. La seconda sezione percussiva affidata alla drum machine (che diventa tutt’uno con la prima) è di carattere unicamente elettronico/sintetico, sia nei suoni che nell’esposizione, eseguendo quasi unicamente il tipico pattern del kick su ogni quarto, tipico del genere elettronico, anche talvolta affiancandosi al blast beat del set “acustico”, dando dunque un significato non convenzionale ad ogni elemento ritmico della sezione percussiva globale, che risulta puntuale, sapientemente architettata e profondamente determinante riguardo le intenzioni dell’intero elaborato musicale. A denotare l’indiscutibile maturità musicale dei Borgne, ma anche a sottolinearne l’evoluzione artistica, vi è proprio la raffinata commistione di generi che crea un alchimia immediatamente riconoscibile come trademark del duo elvetico. A coadiuvare tale simbiosi di stili concorre la simbiosi di stilemi che, se decontestualizzati, potrebbero risultare contrastanti, come le forti suggestioni distopiche synthwave (specialmente presente in Temps Morts) e le sezioni di arpeggiator che vivono nello stesso spazio semantico di riff, martellanti pattern sintetici di rum machine e le ispiratissime vocals black metal di Bornyhake, che vanno dal medio registro fino al growl gutturale, riuscendo a trarre il massimo dell’espressione da un’estensione modesta ma brillantemente utilizzata. A far scorrere agilmente ed a tenere alto il livello d’attenzione dell’ascoltatore concorrono anche sezioni puramente elettroniche/sintetiche come, ad esempio, l’ampio outro del secondo brano “The Sword of the Headless Angel”, caratterizzato da suggestioni ambient sviluppate tramite suoni industrial, o come il soundscape scolpito per la seconda metà del brano (costituendo praticamente un brano a se stante) di chiusura “Everything is Blurry Now”, che tesse eterei pad/droni che sottolineano nuovamente la versatilità espressiva del duo svizzero. A rinforzare ulteriormente la coesione del disco concorre anche il comparto tecnico di quest’ultimo, difatti tracking degli strumenti e missaggio sono stati curati dallo stesso Bornyhake, risultando in una produzione forte di una gran cognizione di causa oltre che di alto livello, in cui ogni strumento dell’intricato mix di Temps Morts è intellegibile, mentre le sezioni variano in dinamica agilmente, in perfetto accordo con la composizione riccamente articolata dei brani.
La tredicesima release del duo svizzero Borgne pone un punto fermo sull’unicità della formula sviluppata dalla band, che in Temps Morts mesce suggestioni formalmente molto diverse ma esteticamente analoghe. Tale alchimia risulta in un disco estremamente sfaccettato e che tiene la soglia d’attenzione dell’ascoltatore sempre alta, comunque bilanciando le diverse intensità d’intenzione di un songwriting fortemente dinamico, sia per natura stessa della commistione di generi dei Borgne, sia per la curatissima invenzione compositiva realizzata dal duo elvetico. La violenta precisione delle macchine (synth, drum machine) vive in simbiosi con le caratteristiche più viscerali del black metal, realizzando una chimera formata della distopia del synthwave, della furia dell’industrial black metal e delle allucinazioni eteree di pad e droni, rendendo l’elaborato musicale dei Borgne unico nel suo genere.
(Les Acteurs de l’Ombre Productions, 2021)
1. To cut the Flesh and feel nothing but Stillness
2. The Swords of the headless Angels
3. L’Écho de mon Mal
4. Near the bottomless Precipice I stand
5. I drown my Eyes into the broken Mirror
6. Vers des Horizons aux Teintes ardentes
7. Where the Crown is hidden
8. Even if the Devil sings into my Ears again
9. Everything is blurry now