The Breakbeast è un progetto sperimentale formatosi nel 2020 dalle menti geniali di tre musicisti di spessore, provenienti da band formidabili della scena underground del momento. Il trio si presenta con Sergio Pomante (Sudoku Killer, ex Ulan Bator) al sassofono, Alessandro Vagnoni (Bologna Violenta, Drovag) alla batteria e Mario Di Battista (Ulan Bator) al basso e voce. Il loro sound si immerge nelle profondità nascoste di un genere tecnico e complesso. Le tematiche molto interessanti vanno dal funk nostalgico, con sprazzi di industrial, fino a toccare il jazz d’avanguardia e le strutture più moderne del post-punk, a tinte afrobeat. Nel loro album di debutto Monkey Riding God prodotto per l’etichetta italiana Overdrive si materializza un mondo distorto e fuori dal normale, che incastra i vari scenari visionari e incredibili di questo trio, molto affiatato e con una qualità sonora superiore. Il concept di questo disco si muove attraverso paesaggi e percorsi apocalittici, senza luce e con la paura di non farcela. Sotto questo periodo disastroso, si cerca di tornare alla normalità unendo i giorni attuali a qualcosa di nuovo, sempre senza perdere mai la speranza. Infine in quest’opera, in chiave onirica e di grande impatto, si crea una miscela esplosiva e magnetica, come a liberarsi da qualcosa di vecchio e di poco vivibile.
L’apertura cosmica di “The Trickster Who Invented Xenofunk” si regge sul giro iniziale di una voce oscura e ovattata, per poi lanciarsi come una scheggia impazzita nel tiro martellante di batteria e sassofono, con un passaggio funk jazz ad intervalli irregolari, rallentando nel bridge centrale, per poi chiudersi sul tema principale frenetico. Un brano geniale, con un gusto immenso. Segue uno dei primi singoli rilasciati, “Depeengo”, dove troviamo la preziosa collaborazione del rapper Egreen, che si cimenta su un testo duro e di protesta, aprendo gli occhi su un futuro prossimo, dilaniato dal tempo e da un presente pieno di punti interrogativi. Il brano affonda le radici nel punk old school, senza perdere la bussola verso le origini funk. Poi si viaggia con una buona dose di hip-hop, che dà quel senso originale e ricercato al pezzo. La traccia si arresta sul tiro delirante di una ritmica da infarto, che galleggia su una vibrazione unica e viene amplificata dalla linea vocale robotica. Le seguenti “Cop Corn” e “Phunk is not Dead“, spingono sull’acceleratore il groove pazzesco e sfrenato della band, sopra note danzanti che rimbalzano dentro una centrifuga futuristica di suoni tecnici e matematici. Il risultato è qualcosa di grottesco e surreale, con una precisione invidiabile. “A Thousand Elephants Are Shitting on Wall Street” invece è uno dei brani più completi di questo lavoro, per la grande visione musicale in fase di registrazione, i richiami ai primi Primus sono un tocco di classe grandioso. Lungo la sua ampia durata il sassofono dà una marcia definitiva al sound e incastra le diverse sonorità giocose della voce, che completano a dovere la traccia. Prima di chiudere, notiamo una composizione differente, per stravolgere il percorso. “Ending Anthroposcene From A Monkeys’ Rave Part”, si regge su una timbrica malata e una cultura musicale eccellente, che nonostante appare ripetitiva, esplode nel vortice finale quasi dance commerciale. “Nomadic War Machine” chiude il disco, sui sussulti distorti del sassofono e del basso roccioso, per una chiusura misteriosa e dal grande carisma.
I The Breakbeast mettono in luce un album importante, che nonostante i giorni incerti si fa spazio in mezzo alle rovine di una vita colpita duramente, lasciando un’atmosfera frizzante e fuori dagli schemi.
(Overdrive Records, 2021)
1. The Trickster Who Invented Xenofunk
2. Depeengo
3. Cop Corn
4. Phunk is not Dead
5. A Thousand Elephants Are Shitting on Wall Street
6. Ending Anthroposcene From A Monkeys’ Rave Part
7. Nomadic War Machine