Due anni dopo il debutto Jaez, i Verbian continuano la loro carriera col suo successore, Irrupção, uscito tramite la nostrana Antigony Records, che in quanto a post-rock è un’etichetta dimostratasi affidabile in più casi. Il genere proposto dal terzetto è proprio questo, ma interpretato con un approccio molto vasto, dimostrando come sia uno stile dai confini non ben delineati e in continua evoluzione. Le sue tipiche atmosfere eteree non mancano, ma si uniscono a passaggi più pestati tra post e doom metal e un’anima vena progressive, con arrangiamenti sempre coinvolgenti. Arriva così dal portogallo questo lavoro articolato e intraprendente, che va oltre il concetto di genere, risultando un connubio di sonorità che difficilmente appare sterile.
Stando alle note introduttive dell’album, l’eruzione a cui si fa riferimento nel titolo è da vedere più come un qualcosa di interiore che nella sua classica concezione, una sorta di esplosione interna, catartica, che ha dato forma spontaneamente alla multiformità di questi otto pezzi, nati da una crescita musicale, ma anche personale. Questa maggiore consapevolezza si traduce in otto pezzi che sono la naturale evoluzione del lavoro pubblicato in precedenza, a cui si è voluto dare un prosieguo più ardito, come si può notare dalla durata maggiore, chiaro segnale della volontà di ampliare i propri orizzonti. Per farlo, e rendere più variegata la propria musica, non mancano elementi singolari per loro. Innanzitutto, si nota già nella seconda metà dell’opener “Nem A Luz Escapa” l’abbandono degli arrangiamenti completamente strumentali, con parti vocali che fanno capolino in settori contingentati. Questo supplemento non risalta particolarmente nel complesso, viene incluso in un paio di passaggi più energetici e pestati ma per il resto finisce nel dimenticatoio, ed è quasi superfluo in confronto all’espressività decisamente maggiore che regalano le componenti strumentali. Un’altra novità per i Nostri sono i tappeti di sintetizzatori che assumono un ruolo centrale per gran parte dell’ascolto, e, specialmente nei momenti più vicini al progressive, donano più colore e sensazioni vagamente psichedeliche. Laddove l’aggiunta del cantato finisce velocemente in secondo piano, questa seconda implementazione citata è un elemento incorporato con astuzia e che coinvolge ulteriormente nel sound dei portoghesi; chiari esempi sono canzoni come “Terra Maldita” e la conclusiva “A Cada Inverno”. Galvanizzato da un intreccio cinematico e ancora più esteso di linee melodiche e armoniche, il disco non ha problemi nel puntare ancora più in alto rispetto al debutto, estendendo i suoi spunti positivi, e questa fermezza con cui la band si è fatta coinvolgere nella crescita della propria proposta musicale è il fulcro dell’ascolto.
I Verbian hanno perfezionato il proprio sound con abilità, e in fin dei conti Irrupção riesce a fare una figura niente male; pur avendo attimi ancora acerbi che non risaltano particolarmente, l’immersione nelle sue trame quasi del tutto strumentali è appagante. Gli otto brani hanno un’alchimia tra di loro che ne fa spiccare la dinamicità e la naturalezza con cui sfila ognuna delle loro componenti, tra sentori eterei e una controparte più energetica che si sprigiona con groove di batteria e riff accattivanti. Il miglioramento dei Nostri va sottolineato e non era scontato, anche se ora la speranza è che riescano a fare un ulteriore salto di qualità.
(Antigony Records, 2021)
1. Nem A Luz Escapa
2. Criado Por Lobos
3. Terra Maldita
4. O Ermita
5. Vesuvio
6. Mãe
7. Lume
8. A Cada Inverno