Un primo indizio dell’identità del nuovo disco dei Wiegedood si poteva evincere dall’attesa che l’ha preceduto. Quattro anni non sono un lasso di tempo spropositato, certo, ma quando si nota che nello stesso intervallo tra 2015 e 2018 erano stati pubblicati tre album, si inizia a percepire quanto questo nuovo capitolo possa ritenersi un nuovo inizio per la band belga e quanto dietro a esso ci sia un rinnovamento rispetto al passato. Con la trilogia De Doden Hebben Het Goed la formazione era entrata a gamba tesa nella scena black metal europea con un approccio sfacciato e ruvido, posizionato nella congiungente tra tradizione e modernità; e con questo There’s Always Blood At The End Of The Road l’immersione in quel tipo di atmosfere è ancora più netta. Mantenuta la natura essenziale e ossessiva delle composizioni presentata in passato, ci sono nuovi elementi e approcci introdotti in queste nove tracce che in parte sorprendono e ci presentano la nuova faccia del progetto con membri di Amenra e Oathbreaker, che non merita di essere declassato a side project in senso screditante.
Il disco è marcio e schietto, conseguenza di una forte frustrazione provata per il mondo odierno che modella un risultato nero come la pece, come lo sfondo dell’artwork, dove il classico simbolo usato dai Nostri non è più proposto in uno scenario all’aperto. Oscura la copertina così come lo è la musica, e la partenza con “FN SCAR 16” mette in evidenza quello che sarà il leitmotiv dell’ascolto, un mood contorto e malsano. Una caratteristica che è rimasta immutata rispetto al passato è la struttura ridotta all’osso delle canzoni: sono pochi i riff proposti, ma spietati, e questa volta contestualizzati in pezzi più brevi rispetto a quanto ci avevano abituati i tre album precedenti. Senza compromessi la musica ci abbandona nella desolazione di uno scenario apocalittico e distruttivo, con gli attimi per prendere respiro che sono praticamente inesistenti. Come accennato, parlare di varietà quando si parla delle composizioni dei Wiegedood è relativamente fuori contesto, ma in questo caso l’intero lavoro riesce a svelare una dinamicità che lo valorizza e potrebbe portare realmente a una nuova fase di carriera per la band dopo la suddetta trilogia. La chiave è la personalità che si cela dietro a ogni singolo pezzo, dal throat singing in “Now Will Always Be”, ormai un elemento tipico della formazione belga, ai mid-tempo della seconda metà di “And in Old Salamano’s Room, the Dog Whimpered Softly” senza dimenticare la dissonante “Nuages” e in generale un lavoro chitarristico notevole. Tra nuove aggiunte e un legame comunque inscindibile col passato, ognuno dei nove pezzi è una manifestazione del malessere che domina le tematiche del disco, un grido il cui disagio disperato culmina nella monolitica “Carousel”, ultima delle nove canzoni. Fondamentale per il terzetto è sempre stata la capacità di muoversi in uno spazio compositivo molto ristretto; spazio che nel momento giusto della carriera, questo quarto album, è stato ampliato quel poco che basta per far risaltare comunque la propria firma senza legarsi necessariamente ai precedenti lavori.
There’s Always Blood At The End Of The Road è stato un lavoro molto atteso. Dopo l’inizio di carriera folgorante con i tre De Doden Hebben Het Goed la formazione belga si è trovata a dover prendere una decisione su come gestire il proprio stile e fare un volitivo passo in avanti. Il risultato sono nove pezzi che mantengono la freddezza e la prepotenza tipica delle loro composizioni, implementando visioni più ampie, un corredo sonoro con nuovi elementi e un approccio diverso, che permette alla band fiamminga di fare il definitivo salto di qualità e consolidarsi come uno dei gruppi black metal più micidiali e d’impatto.
(Century Media Records, 2022)
1. FN SCAR 16
2. And in Old Salamano’s Room, the Dog Whimpered Softly
3. Noblesse Oblige Richesse Oblige
4. Until It Is Not
5. Now Will Always Be
6. Wade
7. Nuages
8. Theft and Begging
9. Carousel
8.5