Baschi, sono in due e anonimi, un espediente identificativo adoperato anche dagli storici pilastri del funeral doom metal Ea, caratteristica che dona alla band un velo di mistero e, tutto sommato, anche se per molti potrebbe risultare solo una trovata estetica, io ci vedo qualcosa di affascinante, fa pensare che non siano umani. E a giudicare da quello che fanno, i Pestilength umani non sono, lo dimostravano lavori recenti come Eilatik e Demend, ora lo dimostra ancora una volta Basom Gryphos, il secondo full length, un colossale totem infernale dal linguaggio arcano e maledetto.
I Paesi Baschi sono noti per annoverare tra le proprie fila band e progetti solisti di natura oscura, lo sappiamo, basterebbe tener conto di gente come i Keziah, Arvalastra, Elffor e Altarage. Deve esserci qualcosa di tossico nell’aria da quelle parti. Battute a parte, quello che fanno i Pestilength è un doom death metal imbastardito di raw black, il tutto appare come qualcosa della più bassa forma per quanto riguarda l’estetica del suono. È tutto estremamente caotico qua dentro a parte alcuni momenti in cui si coglie una forma delineata di quello che sentiamo. Al primo ascolto è subito chiaro che il due non ha nessuna intenzione di rendere le cose facili, i Pestilength non vogliono che tu ti goda l’ascolto, non vogliono farti sentire qualcosa di gradevole e in questo ci si mettono anche le lyrics che pare sia in un inglese arcaico, che sia chiaro, con questo canto così gutturale nemmeno la più chiara forma di inglese contemporaneo perfettamente pronunciato sarebbe decifrabile, ma si sente che c’è qualcosa di insolito in queste parole, dei suoni che non suonano usuali… umani. Il suono è perfettamente grezzo, non c’è traccia della minima raffinazione, i riff seguono un sentiero che si inerpica in una fitta selva impenetrabile per il più sottile raggio solari e solo a tratti se ne intuisce la direzione. È il caso di dire che l’aberrazione si è fatta arte ed è completamente inutile cercare di individuare un brano che possa spiccare sugli altri in questo marasma inapprocciabile, a tratti sembra quasi che la band lo faccia di proposito a rendersi così aliena, come per esempio negli ultimi secondi del disco, in cui un rumore bianco prende il posto della musica e distrugge letteralmente i timpani dell’ascoltatore con questo suono molesto, ma questo e tutto il resto è assolutamente utile in questo caso. Perché Basom Gryphos è un lavoro come pochi, certo è vero, non è un genere inesplorato, al contrario, ma i Pestilength sembra saperlo fare nella maniera più abominevole e terrificante possibile.
Ora, sembra che io abbia descritto qualcosa di inascoltabile, ma non è così, perché l’atrocità di Basom Gryphos è la sua bellezza. Una creatura legata e rinchiusa per secoli in un anfratto umido, buio e viscido e per adattarsi e sopravvivere ha dovuto imitare la sua prigione. Perché tutto questo è buio umido e viscido e tutti dovremmo averci a che fare. Ascolto consigliatissimo a chi campa nutrendosi di Portal per la forma e Prosanctus Inferi per la ferocia.
(Nuclear Winter Records, 2022)
1.Tamm
2.Engtlant Suhb
3.Phorme
4.Thelegm
5.Tephra Codex
6.Exertion
7.Chrome
8. Vexed