Il cambiamento è insito nell’uomo. A volte però, come nel caso degli Endless Dive, è un qualcosa di inatteso, a cui bisogna dare immediatamente risposta, cercando di farsi trovare pronti, in modo da ricalibrare le priorità, e poter proseguire in quel cammino che il caso ha provato ad interrompere. Questo è, sostanzialmente, ciò che è accaduto alla band belga, che, da quartetto, si è improvvisamente dimezzata a livello di effettivi. I due rimasti non si sono persi d’animo e hanno deciso di proseguire, riadattando il proprio sound in virtù del ridotto materiale umano a disposizione come band.
Parlando degli Endless Dive non possiamo che evidenziare come la sperimentazione abbia per loro rappresentato, praticamente da sempre, un punto fermo, intorno a cui edificare il proprio totem sacro. Continuare in quella direzione è stato un passaggio per loro assolutamente naturale, quasi spontaneo. L’unica via veramente percorribile, fatta di freddo minimalismo sonoro che ben si coniuga con il calore di una chitarra classica onnipresente, dando vita a un sound struggente. Souvenances è quindi un album che scorre via veloce, senza lasciarci il tempo di riflettere sulle emozioni che si susseguono, in un turbinio di sensazioni che si rincorrono tra momenti in bianco e nero e ricordi a colori tra passato e presente. Aperto e chiuso dal “clic” di un mangianastri, come a voler simbolicamente riportare alla mente un tempo che non tornerà, Souvenances racconta l’incarnazione ultima della band, alle prese con i ricordi della loro infanzia, impressi appunto in un nastro analogico, al tempo unico metodo per non perderli. Un album che ha spostato il sound dei Nostri dal post-rock del passato verso un ibrido che – stando a quanto dichiarano loro stessi – è individuabile come un mix di suoni ricavati da vecchie cassette VHS, field recordings e elettronica contemporanea minimalista. Ne è uscito un disco che guarda in modo maggiormente deciso a componenti intimiste, personali, che cercano di andare in direzione di un tentativo di recupero di quelle che sono (state) le emozioni e la malinconia del tempo andato.
Un tempo che non tornerà, ma che vogliono tenere vivo attraverso le undici tracce del disco, concepite come autentiche istantanee, a volte sfocate, a volte sbiadite, a volte coperte di polvere, a volte chiuse nei cassetti della memoria.
(Floral Records, Luik Music, 2025)
1. Les ans qui passent
2. Deux roues
3. Petit bain
4. Man n’hache
5. Cabane
6. Rouge feu
7. Feu de paille
8. Iridescence
9. La petite danseuse
10. Balade
11. Souvenances