Dopo l’ultimo split del 2016 con la band acid e psychedelic rock Harsh Toke, il trio Earthless ha pubblicato il 16 marzo per la Nuclear Blast il quarto full length, dal titolo Black Heaven. Il cambio dell’etichetta e l’introduzione alla voce di Isaiah Mitchell, già chitarrista della band, ha sorpreso il panorama musicale.
Black Heaven stravolge completamente l’immagine che il pubblico si era fatto degli Earthless a partire dal loro primo album del 2005, Sonic Prayer fino all’ultimo From the Ages del 2013. Da sonorità tipicamente stoner e psychedelic influenzate dal krautrock il gruppo sembra aver preso le distanze in questi cinque anni, per volgersi in una direzione quantomeno all’apparenza mainstream, sulle scie del classic rock arrangiate in chiave blues. L’album si apre con la traccia “Gifted by the wind”. La voce di Isaiah compare dopo pochi secondi, sorprendendo con il suo timbro caldo e a tratti “grezzo”, il quale lascia spazio ai riff incalzanti che tracciano un ponte sonoro dalla musicalità tipica degli anni Settanta, dal hard rock al blues rock. “End to End” comincia con distorsioni quasi stoner trasformano in un assolo chitarristico à la Jimi Hendrix articolato in un crescendo vorticoso di suono, così costituendo uno dei due apici dell’album. D’altra parte, infatti, vi è “Electric Flame”, che ha come protagonisti la batteria incalzante di Rubalcaba e il basso di Eginton che fa da sottofondo smussante per il primo assolo distorto che ricorda i Kyuss di Blues For The Red Sun e per il secondo decisamente groovy, dopo una prima parte della canzone cantata da Mitchell alla Ozzy Osbourne. “Volt Rush” e “Black Heaven” sono le due tracce strumentali del disco, mentre la prima risulta essere breve ed incisiva – dalla durata di nemmeno due minuti – la seconda si articola per quasi nove minuti. Il riff portante della title track è nato principalmente dalle jam sessions portate avanti per anni dai musicisti nei vari concerti, concretizzato infine nel momento della registrazione in studio dell’album. Questa traccia riporta con la mente agli Earthless di un tempo, con una jam dal sound psychedelic e stoner, che riconduce verso la scia dei Colour Haze e Witchcraft. Infine “Sudden End” è la perfetta conclusione per questo disco: il ritmo bluesy lento è una perfetta cornice per i due assoli toccanti che sfumano in un finale quasi atmospheric.
I continui rimandi ad una sorta di mixture tra Led Zeppelin e Black Sabbath, o a bridges kyussiani, non fanno certo di questo album un tripudio di originalità. Con Black Heaven è, invece, evidente la volontà di ciascun componente degli Earthless di sperimentare le proprie capacità tecniche e di esplorare umilmente il registro stilistico del classico rock’n’roll, gettando (forse) le basi per successivi lavori.
(Nuclear Blast, 2018)
1. Gifted by the Wind
2. End to End
3. Electric Flame
4. Volt Rush
5. Black Heaven
6. Sudden End