Sbarcano in Italia gli O.R.k., supergruppo formato da Lorenzo Esposito Fornasari (già Obake), Colin Edwin (Porcupine Tree), Pat Mastelotto (King Crimson) e Carmelo Pipitone (Marta sui Tubi). L’ultima uscita Inflamed Rides non è passata inosservata da queste parti, in quanto si tratta di un lavoro concepito da artisti ben navigati e dall’indubbio talento. C’era quindi grande curiosità nel sentire dal vivo questo strano mix di math-prog atmosferico che a tratti ricorda i Nine Inch Nails, mentre in altri frangenti ricorda i momenti più istrionici dei vari progetti di Mike Patton.
VOID OF SLEEP
Aprono la serata i locali Void of Sleep, saliti alla ribalta della notorietà con l’ultimo New World Order, album che ha reso i quattro di Ravenna veri capisaldi dello sludge-prog onirico made in Italy. In effetti il gruppo romagnolo si mostra in buono stato di forma, non spiccando forse per l’originalità proposta, ma riuscendo a coinvolgere grazie anche alla buona qualità delle composizioni e ai suoni azzeccati. Dal vivo i brani di New World Order non perdono presa, ma continuano a convincere grazie alle numerose sfaccettature di tracce come “Hidden Revelations” o la stessa “New World Order”, che ben mettono in risalto le buone qualità tecniche individuali dei Void of Sleep. L’unico appunto deve essere fatto alla performance canora, non sempre all’altezza della situazione e forse troppo incerta in qualche frangente. Nel complesso l’esibizione è stata comunque soddisfacente, grazie anche alla notevole acustica del Bronson, ormai un’istituzione per eventi musicali di certa qualità.
O.R.k.
Dopo qualche minuto d’attesa tocca quindi agli O.R.k., la cui disposizione sul palco appare quantomeno curiosa, data la posizione strategica della batteria defilata sulla sinistra. Ma basta poco per realizzare che questo è stato fatto per risaltare le qualità arcinote di un vero mostro come Pat Mastelotto, vero mattatore della serata ed eclettico rumorista all’occorrenza. Non a caso si tratta di uno dei mostri sacri del prog moderno, ed ogni suo tocco o controtempo è pura poesia ritmica. Pezzi come “Jellyfish”, “Funfair”, o “Breakdown” esaltano le qualità del batterista americano, confermando ancora di più di esser presenti a un evento che è anche una lezione di musica. Questo non vuol dire che gli altri componenti siano stati da meno: nel complesso gli O.R.k. hanno offerto una performance assolutamente degna di nota e più coinvolgente del previsto, considerando il solo ascolto di Inflamed Rides. I brani dal vivo assumono ulteriori angoli in cui vengono fuori tutte le qualità tecniche che hanno reso celebri i Nostri in oltre quindici anni di attività in giro per il globo. Il basso fretless preciso ed essenziale di Colin Edwin è ormai un segno di garanzia, risultando sempre l’uomo che mette la nota giusta al posto giusto senza strafare. È lui che rende le atmosfere glaciali degli O.R.k. sempre più liquide nei pezzi più atmosferici e al contempo granitiche nei momenti più distorti. Come ricordato durante il live, la passione del bassista australiano per il Chinotto potrebbe essere stata un incentivo alla buona qualità dell’esibizione. Il talento e la poliedricità di Lorenzo Esposito Fornasari invece ci erano ben noti dal progetto Obake: le sue elucubrazioni vocali ricordano quelle di un Mike Patton meno isterico, come se fosse più giustamente impegnato a far da legante tra le complesse ritmiche e le melodie oniriche degli O.R.k. invece che far esplodere tutta la sua potenza eclettica, risultando a tratti monotono. L’impressione è che comunque LEF si trovi più a suo agio negli Obake, ma ciò non vuol dire che la sua voce non sia riuscita a coinvolgere, anzi, tutt’altro: ascoltate un video live di “Dream of Black Dust” per rendervene conto, forse la migliore traccia proposta dai Nostri in questo evento. In tutto questo fa da collante la chitarra di Carmelo Pipitone, dallo stile caotico e nervoso, ma quanto mai ben incastonato nella ritmica e nella onirica potenza del combo italo-australo-americano. Rimane comunque la persona più sbagliata a cui rivolgersi per delle lezioni di italiano, come Colin Edwin ha avuto modo di scoprire in questi giorni trascorsi nella nostra penisola…
In conclusione non si può non essere soddisfatti del concerto, avendo avuto modo di vedere in un colpo solo uno dei gruppi più in forma della scena rock italiana e uno dei combo meglio assortiti degli ultimi tempi. Non eccessiva la durata, ma d’altronde sarebbe anche difficile mantenere la giusta attenzione per assistere degnamente ad uno show del genere. Forse l’unico difetto dei due gruppi è quello di non produrre alcuna melodia davvero memorabile o che rimanga in testa, ma occorre dar loro atto d’aver suscitato la bella impressione di aver trascorso un’esperienza mistica, distorta e di qualità prodotta da gente che sa davvero fare il proprio mestiere ammaliando l’ascoltatore con indubbia classe. Cosa non scontata al giorno d’oggi.