Alla seconda uscita i Bloodiest partoriscono un lavoro che convince pienamente, dopo il debutto Descent, datato 2011, passato quasi in sordina e dimenticato in fretta. Il combo di Chicago si muove funambolescamente tra sapori post metal e sludge, alternando riff di tooliana memoria a sfuriate potenti che rimandano a Yob, Neurosis e Crowbar. Il tutto poi viene condito da atmosfere inquietanti e opprimenti che ricordano soprattutto gli ultimi lavori degli Swans.
È proprio l’influsso della creatura multiforme di Michael Gira che appare evidente sin dalla prima traccia, “Mesmerize”, con il basso ripetitivo e martellante di Colin Dekuiper, vera spina dorsale del disco. Le chitarre di Tony Lazzara e Eric Chaleff fungono più da contorno – molte volte paradossalmente acustico – alle pulsazioni a frequenza bassa delle composizioni di Bloodiest, creando un’atmosfera generale in bilico sulla lama di un rasoio e sull’orlo di una psichica crisi di nervi. “The Widow” invece fa venir fuori la sensibilità a tratti indie rock del gruppo americano, grazie alla perizia della produzione a cura dell’arcinoto Sanford Parker, vero valore aggiunto: tutte le anime dei Bloodiest vengono fuori e confluiscono in una composizione che gira attorno all’oblio senza mai davvero arrivarci in fondo. Il cantato lamentoso e devastante di Bruce Lamont a tratti sembra ricordare quello di un Nick Cave agonizzante, come testimonia “Broken Teeth”, che gioca perennemente tra psichedelie lerce e atmosfere acustiche, stuzzicando quasi l’oscurità a unirsi in un groove sludge pieno di paranoie funeree. I Bloodiest avvolgono l’ascoltatore in un oceano di dissonanze strazianti e una sacralità che i fan di Neurosis e Swans sapranno apprezzare. Le contorte “He Is Disease” e “Separation” contribuiscono a aumentare la tensione del lotto, il quale finalmente sfocia nell’ultima breve traccia “Suffer”, un delirio post-sludge fuori controllo che degnamente chiude il disco, annichilendo tutta la sofferenza espressa nelle tracce precedente in una breve, ma impressionante, deflagrazione.
Il maggior pregio dei Bloodiest è quello di riuscire a miscelare senza stucchevolezza molteplici influenze complesse e di non facile commistione, componendo delle tracce che sicuramente non lasciano indifferenti e che fugano il rischio elevato di cadere nella banalità e nel mero plagio. Tutti questi richiami stilistici però non consentono di elevare pienamente il disco a livelli di eccellenza, nonostante si stia certificando una promozione convintissima. Consigliassimo a chi è cresciuto a pane e post metal, ma anche a coloro i quali sono abituati a viaggiare con disinvoltura tra i generi più svariati. L’importante è soffrire comunque.
(Relapse, 2016)
01. Mesmerize
02. The Widow
03. Condition
04. Broken Teeth
05. Mind Overlaps
06. He is Disease
07. Separation
08. Suffer